Nel pomeriggio, intorno alle 16:30, la Corte d’Appello ha assolto, dopo sole tre ore di camera di consiglio, tutti gli imputati, accusati in primo grado di omicidio colposo per avere picchiato, fino alla morte, Stefano Cucchi mentre si trovava in custodia preventiva nel carcere di Regina Coeli di Roma per acquisto di 21 grammi di hashish.
In primo grado erano stati condannati i medici per omicidio colposo, mentre venivano assolti i tre agenti della polizia penitenziaria Nicola Minichini, Corrado Santantonio e Antonio Domenici. Durante l’arringa finale dell’Appello, il procuratore generale, di concerto con l’avvocato della famiglia Cucchi, aveva esposto le foto del corpo di Cucchi, massacrato dalle botte e dai colpi ricevuti.
Gli imputati si erano sempre dichiarati innocenti e nell’ultima udienza avevano rilasciato una dichiarazione spontanea, asserendo che
“pur essendo stati assolti in primo grado, avevano subito un uragano di fango da parte dell’opinione pubblica”.
I giudici della Corte d’Appello hanno dato loro ragione: tutti assolti in virtù dell’articolo 530, secondo comma in base al quale, in caso di insufficienza di prove, l’imputato non può essere condannato (l’equivalente del “ragionevole dubbio” tipicamente americano).
Appena sentita la sentenza, il legale della famiglia Cucchi ha precisato che, non appena saranno rese note le motivazioni, farà ricorso in Cassazione.
La madre, sconvolta e distrutta, è scoppiata in lacrime, dicendo che in questo modo è come se avessero ucciso due volte il figlio. Il padre si pone una domanda retorica:
“Com’è possibile che mio figlio sia morto da solo?”.
Il comune di Roma, giovedì scorso, aveva deciso di dedicare una via a Stefano Cucchi.
Restano ancora molteplici dubbi intorno a questa vicenda, su cui, si spera, verrà fatta luce dai giudici di Cassazione.
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