E se dietro la tromba d’aria che si è scatenata a Taranto ci fosse l’Haarp? E se le onde ad alta frequenza dell’installazione militare degli americani in Alaska avessero provocato la tempesta che ha devastato la città pugliese già colpita da altro tipo di calamità?
L’ipotesi è per ora una mera teoria, ma forse non del tutto peregrina. E non solo perché le news sulla tromba d’aria a Taranto si sono arricchite di numerosi commenti che hanno supposto un legame fra l’evento atmosferico e il progetto Usa. Il fatto è che da tempo sempre più persone accreditano l’influenza di Haarp su fenomeni naturali. Terremoti, inondazioni, uragani eccetera. Molto più efficace dei gas serra, del buco nell’ozono, dello spostamento delle placche tettoniche.
Davvero quei pali di alluminio, che fischiano nel vento gelido dell’Artico, sono solo una sorta di super-radar?
E così è venuto spontaneo per alcuni associare le due cose. Non è la prima volta che una calamità viene attribuita ipoteticamente ad Haarp.
E’ accaduto con gli eventi tellurici in Emilia Romagna del maggio scorso, ad esempio. Ma lo si era detto anche del sisma di Haiti del 12 gennaio 2010, che aveva ucciso 250.000 persone, per il terremoto con successivo tsunami in Giappone dell’11 marzo 2011, che spostò l’asse terrestre di 17 centimetri e fece 30.000 vittime e per quello in Iran dell’11 agosto scorso.
E c’è chi risale a disastri ancora precedenti, come lo tsunami del 26 dicembre 2004, che insanguinò il Natale con un maremoto di proporzioni bibliche. E così via, in una rilettura a ritroso delle catastrofi che negli ultimi due decenni hanno scosso il pianeta. Sembra quasi il gioco che si fa con le terzine di Nostradamus, decifrate nel loro oscuro linguaggio solo a posteriori, dopo che il fatto è accaduto.
Haarp, sigla che sta per High-Frequency Active Auroral Research Program, è in apparenza una selva di piloni metallici piantati nel terreno. Si trova a Gakona, piccolo territorio di case sparse per comodità considerato un agglomerato di 220 abitanti da parte del governo Usa.
I “lampioni” di una lega d’alluminio sono 180, alti 23 metri. Ognuno di essi regge due coppie di antenne. Una per la banda alta e l’altra per quella bassa.
Il funzionamento è in apparenza semplice: si spediscono onde elettromagnetiche verso la ionosfera – lo strato di atmosfera che comincia a 60 km sulle nostre teste e termina a 450 km di altezza – dove rimbalzano e tornano a terra in punti prestabiliti.
Ovviamente questa è la spiegazione alla buona. Per calcolare l’entità del fascio di onde, indirizzarlo nel tratto giusto della ionosfera e far sì che sia riflesso con l’angolatura esatta bisogna risolvere equazioni da incubo.
L’obiettivo ufficiale è quello di sperimentare metodi di comunicazione alternativa e radiografare il terreno a grande distanza. Con lo scopo, ad esempio, di scovare armi di distruzione di massa.
Ma c’è chi non crede a questa versione – che di per sé già non sembra così rassicurante – e intravede ben altri disegni. Nascosti al mondo.
E cioè un’arma capace di annientare buona parte dell’umanità. Per quale motivo? Qui spunta un rapporto segreto del Pentagono – di cui in realtà nessuno ha mai potuto dimostrare l’esistenza – che annuncerebbe una sorta di apocalissi. Uno sconvolgimento del clima che ucciderebbe la maggior parte degli abitanti della Terra, per lasciare gli altri a contendersi le poche risorse rimaste.
Terremoti, uragani, maremoti ed eruzioni sarebbero un allenamento, il “training da fine del mondo” che i tecnici di Haarp starebbero effettuando prima della prestazione finale.
Molti sorridono, ma c’è chi non lo fa, anzi chi ha rafforzato i sospetti su Haarp e ne ha spiegato la (presunta) vera natura. Come Rosalie Bertell, fisica ed epidemiologa scomparsa lo scorso giugno; come Fran De Aquino, fisico brasiliano certo che Haarp sia destinato ad annientare il globo; come lo scienziato Richard Williams dell’Università di Princeton, convinto che Haarp sia una minaccia per l’atmosfera.
E poi ci sono progetti di alti ufficiali a stelle e strisce che propongono da tempo al governo la realizzazione di armi globali basate sul clima terrestre.
Che siano stati ascoltati? Non è dato, per ora, saperlo con certezza. I fautori del complottismo citano documenti, studi, inchieste giornalistiche.
La controparte fa notare come sia strano che un’installazione nata per distruggere l’umanità sia, costantemente, sotto l’occhio di una webcam.
La verità fischia nel vento fra i piloni d’argento, lassù, in Alaska.