In tempi in cui la sicurezza globale viene considerata in pericolo, con la minaccia del terrorismo sempre attiva ed aggressiva, è possibile ritenere attendibili alcune sorprendenti forme di controllo da parte delle autorità governative.
Il giornalista del New York Times, nonché vincitore nel 2009 del Premio Pulitzer, Mark Mazzetti, ha recentemente esposto una teoria che ha fatto parlare molto all’interno del programma di approfondimento politico e giornalistico “Democracy Now!” negli Stati Uniti.
Mazzetti ha spiegato come il Pentagono, fra le tante iniziative straordinarie intraprese per aumentare il livello di sicurezza della nazione dopo gli attacchi dell’11 settembre, ha pensato di mettere a punto un sistema di controllo della popolazione di tutto il mondo attraverso uno strumento di diffusione globale: i videogiochi.
Per fare ciò, il Pentagono si è messo al lavoro principalmente tra il 2005 ed il 2006, ovvero gli anni in cui si è fatto registrare un vero e proprio boom del gaming online, con la diffusione di internet che ha cambiato a livello planetario il modo di videogiocare, e che soprattutto ha fatto diffondere in maniera virale di download di videogiochi, aggiornamenti e nuove piattaforme videoludiche.
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Secondo Mazzetti, il Pentagono avrebbe monitorato l’industria dei videogames, sfruttando le connessioni da tutto il mondo per il download di nuovi giochi, ed ottenendo così informazioni sugli utenti che effettuavano il download, e potendoli spiare ad ogni loro accesso alla piattaforma.
Nei casi più avanzati il Pentagono riusciva a far scaricare, assieme al videogame, anche un malware che permetteva di avere accesso ai dati delle connessioni e dei computer degli utenti: una forma di controllo sottile e silenziosa, che avrebbe permesso all’intelligence americana di controllare le mosse su internet di moltissimi sospetti, e di venire a conoscenza di una grande quantità di informazioni altrimenti inaccessibili con i normali sistemi di intelligence fino a quel momento utilizzati.