L’Amazzonia brucia e ad essere sotto attacco è la politica ambientale del Brasile. La foresta amazzonica è al centro di molti interessi perché fornisce da sola il 20% dell’ossigeno dell’atmosfera terrestre, proprio per questo è considerata il polmone del mondo. In base ai rilevamenti eseguiti dall’INPE, Istituto Nazionale di Ricerche Spaziali, ed eseguiti con l’aiuto del satellite, dall’inizio del 2019 gli incendi sono aumentati dell’82% rispetto a quelli registrati nello stesso periodo dell’anno antecedente.
Bolsonaro al fine di difendersi dagli attacchi ha a sua volta attaccato le Organizzazioni Non Governative, facendo intendere che a causa della drastica riduzione dei fondi ad esse riservati, c’è stato questo aumento esponenziale degli incendi nella foresta amazzonica. In realtà sembra poco discutibile che gli incendi siano il frutto di azioni umane, ma sono in molti ad aver pensato che l’attacco di Bolsonaro alle ONG sia stato fuori luogo. Non sono mancate anche azioni concrete del Presidente che ha sollevato dall’incarico il ministro per l’ambiente Ricardo Galvao, accusandolo di agire in favore delle ONG straniere.
Non è mancata la reazione da parte di Norvegia e Germania che hanno deciso di sospendere le donazioni in favore del Fondo Amazzonia. Non ha tardato ad arrivare la reazione della Francia, infatti il presidente Macron ha avuto uno scontro pubblico attraverso Twitter con Bolsonaro e ha reclamato l’urgenza di affrontare il problema al G7 in programma. Nel frattempo anche le ONG hanno ribadito la loro posizione e risposto agli attacchi di Bolsonaro. Tramite Carlos Bocuhy, presidente dell’Istituto brasiliano di protezione ambientale (Ibpa), hanno ribadito la gravità delle accuse nei loro confronti e hanno sottolineato che l’obiettivo statutario delle stesse è proprio la difesa dell’ambiente e quindi eventuali azioni volte a distruggere il patrimonio ambientale della foresta amazzonica sarebbero contrarie ai loro principi fondamentali.