Era il 1960 quando, in piena guerra fredda, gli Stati Uniti imposero il primo embargo a Cuba, un anno dopo la conquista del potere sull’isola da parte di Fidel Castro, e l’attuale presidente USA, Barack Obama, non era ancora nato.
Ora i tempi del cambiamento dei rapporti tra i due Paesi sembrano vicini, come ha dichiarato lo stesso Obama. Tra i motivi che spingono verso questo cambiamento, oltre a quelli politici, c’è anche quello economico. Inoltre, il presidente USA, che dalle elezioni di “mid-term”, sino alla fine del suo mandato, si trova a guidare un paese dove il congresso è in mano al partito avversario, vuole lasciare dei segnali precisi del suo mandato.
Dopo l’embargo del 1960, lo scontro con Fidel Castro e con Cuba, ha rappresentato sempre uno dei “pilastri” degli Stati Uniti, con tante battaglie che sono state combattute anche nell’ambito sportivo. Ora Obama, con un discorso pronunciato ieri, sembra voler mettere definitivamente una pietra sopra al passato, ed aprire una nuova fase dei rapporti con il “vicino”.
Secondo il Presidente USA è l’ora di mettere fine ad un approccio che negli anni ha mostrato di fallire, e di aprire una fase di “normalizzazione”. Per prima cosa Obama pensa ad uno scambio di prigionieri tra le due nazioni, con il ritorno in patria di Alan Gross, in un accordo più ampio che preveda relazioni diplomatiche stabili ed anche l’apertura nell’isola di una ambasciata degli Stati Uniti.
A questo si dovrebbe aggiungere la possibilità per i cubani che vivono negli Stati Uniti, di aumentare le loro “rimesse”, verso l’isola ed anche una maggiore facilità di ingresso per quei cubani che si volessero recare in Usa per ragioni familiari, professionali o religiose.
Obama ha inoltre rimarcato che la politica “anti-cubana” degli Stati Uniti, risale agli anni precedenti la nascita di molte persone che si occupano oggi dell’andamento della nazione, molti dei quali oggi non sono più “ossessionati”, come i loro padri, dall’anticomunismo. Per gli Stati Uniti, la normalizzazione dei rapporti con Cuba, rappresenterebbe anche un certo ritorno economico, in quanto non si spenderebbero più somme ingenti per la propaganda anticastrista, circa 264 milioni di dollari sino ad oggi; una propaganda che ha ottenuto invece di avvicinare sempre di più il governo dell’isola alla sua popolazione, presentandosi come “vittima” del totalitarismo messo in piedi dagli Stati Uniti.
La posizione di Obama si avvicina inoltre a quella di molti paesi europei che da tempo chiedevano la fine dell’embargo verso Cuba. Oggi la minaccia di Cuba verso gli Usa è veramente irrisoria, così come la forza del messaggio rivoluzionario castrista e gli Stati Uniti devono invece preoccuparsi con maggiore impegno verso il terrorismo islamico. Barack Obama, che ha le “mani legate” in molti campi, prende quindi decisioni che spettano solo al governo, così come ha fatto sul problema dell’immigrazione, ed ora per quello dell’embargo verso Cuba.
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