Le indagini degli inquirenti su quanto avvenuto nelle ore e nei giorni che hanno preceduto la morte di Sara, ragazza di 22 anni cui è stato dato fuoco, sono ancora in corso. Poche sono le certezze su quanto accaduto, ma difficilmente la situazione potrà essere classificata come causata da un raptus improvviso: pare infatti sia stato accertato che l’omicida, unico appellativo che ben si adatta a Vincenzo Paduano, vigilantes di 27 anni, abbia per giorni tenuto traccia e seguito, sia virtualmente che fisicamente la ragazza, grazie ad una app per smartphone.
Un’applicazione di questo tipo, presente oramai sulla maggior parte dei telefoni in commercio, vede la sua creazione con l’obiettivo di rintracciare il proprio smartphone in caso di smarrimento, può essere però utilizzata da terzi, se in possesso della password utilizzata per accedere al servizio, per tenere sotto controllo il possessore del telefono.
Certo non si può affermare con certezza cosa sarebbe successo se Paduano non fosse stato in possesso dei dati necessari per far ciò, ma è innegabile che questo livello di gelosia, sfociata in stalking, dà a tutta la vicenda una connotazione più fredda e ragionata di quanto non si potesse pensare in un primo momento, quando si presumeva che il killer si limitasse a SMS, incontri casuali e telefonate.
Il problema della sicurezza informatica dei propri dati, per quanto appaia certo non preponderante in questa tragedia, ha una rilevanza che non va mai sottovalutata e viene da chiedersi quanto spesso e con quanta leggerezza ognuno di noi fornisce ad altre persone quelli che possono essere gli strumenti per agire contro di noi, ambito nel quale nessuna legge potrà tutelarci se pecchiamo di troppa leggerezza.