Sono ormai trascorsi 66 anni dall’avvenimento entrato a far parte della storia come la “Tragedia di Superga“, ma nessuno di coloro che l’hanno vissuto in diretta ha mai potuto dimenticarlo. Quel 4 Maggio 1949 scomparve per sempre il Grande Torino, una squadra di calcio che pareva invincibile e alla quale solo il destino avverso ha posto fine ai trionfi. 31 le vittime di quell’incidente, avvenuto in volo, con la nebbia che ha inghiottito l’aereo facendolo schiantare contro la Basilica di Superga.
La fine del secondo conflitto mondiale aveva portato alla formazione di una squadra diventata leggenda, che era riuscita a conquistare ben 5 scudetti consecutivi. Tale era la forza del Torino che l’immagine dell’Italia, sconfitta dalla guerra e distrutta sia sul piano materiale che su quello morale, riuscì ad essere nuovamente proiettata in tutta Europa. Ben 11, infatti, erano i giocatori del Torino a far parte della Nazionale. Il capitano di quella squadra era Valentino Mazzola, padre del Sandro divenuto poi uno degli uomini simbolo dell’Inter.
La tragedia avvenne dopo una partita disputata contro il Benfica a Lisbona. Era stato un incontro amichevole, che avrebbe chiuso la stagione granata. La partita, vinta 4 a 3 dalla squadra italiana, si giocò il 3 di Maggio; il giorno dopo il decollo su un trimotore, appartenente ad una compagnia italiana, diretto a Torino. Un primo scalo a Barcellona, quindi la ripartenza. Giunto a Savona, l’aereo era in dirittura d’arrivo; mancavano, infatti, circa 30 minuti per arrivare in città. In base al piano iniziale, il velivolo avrebbe dovuto fare scalo a Malpensa e, una volta scesi, i giocatori sarebbero arrivati a Torino con un pullman, il famoso “Conte Rosso”, utilizzato dalla squadra granata per rientrare dalle trasferte. La decisione di non atterrare a Malpensa fu presa dopo una comunicazione effettuata dall’aeroporto di Aeritalia, che segnalava una situazione meteorologica non idonea all’atterraggio. Oltre ad una forte pioggia, la “visibilità orizzontale” si era ridotta a circa 40 metri. Dopo diversi minuti fu presa la decisione, da parte dei piloti, di modificare la rotta, scegliendo di passare per Superga.
Un paio di minuti dopo le 17 una nuova comunicazione da parte dei piloti, che parlavano di raffiche di pioggia e di una “visibilità scarsa”. Tre minuti dopo lo schianto contro la Basilica, che non lasciò scampo a giocatori, tecnici, giornalisti e membri dell’equipaggio. Ancora oggi non sono chiarissime le dinamiche che hanno portato l’aereo a finire contro l’edificio; è alle condizioni del tempo, in particolare alla scarsa visibilità, che deve essere riconosciuta una importanza cruciale nella tragedia. Ma giocò un ruolo cruciale anche il forte vento, che portò il velivolo a perdere quota, virando in modo eccessivo. Sembra che il pilota fosse convinto che la Basilica si trovasse sul lato destro del velivolo; questa errata percezione impedì di accorgersi in tempo del muro. È stato stimato che la velocità tenuta al momento dello schianto era di circa 180 km/h.
Oltre ai giocatori, si trovavano a bordo 3 dirigenti, 3 allenatori ( tra cui Egri Erbstein, l’allenatore ungherese che era riuscito a fuggire da un campo nazista)o , 3 giornalisti e i 4 membri dell’equipaggio. L’avvenimento toccò moltissimo il popolo italiano, non solo quello sportivo; fu proclamato il lutto nazionale mentre, anni dopo si decise di aprire un Museo dedicato alla memoria di quegli indimenticabili protagonisti del calcio italiano.
Come ogni anno previsto l’arrivo di migliaia di tifosi granata, nel pomeriggio, sul colle di Superga per onorare il Grande Torino, presiedendo al ricordo delle vittime della tragedia e prendere parte alla messa che si terrà alle 17, dopo la quale capitan Glik leggerà le scritte impresse sulla lapide.