Depressione: sconfiggerla perdonando il proprio avatar, l’esperimento europeo funziona
La depressione e l’autocritica si possono combattere con un avatar. L’innovativo metodo è stato creato e messo appunto da psicologi ed esperti informatici di tre atenei, l’Università di Barcellona, quella di Derby e lo “University College” di Londra.
Tale sistema è stato studiato in particolare per gli individui troppo esigenti con loro stessi, che necessitano di ridurre l’autocritica e incentivare i sentimenti di soddisfazione e auto-compassione; si tratta di profili psicologici che spesso possono sfociare in depressione, come precisato dagli stessi scienziati.
Il fulcro di questo nuovo metodo è la realtà virtuale – che già in passato era stata impiegata nel trattamento di disturbi di natura psicologica, come stress e fobie – e in particolare un avatar che dovrebbe favorire il benessere a livello emotivo. L’esperimento alla base dello studio (pubblicato su “PloS ONE“) ha visto coinvolte 43 donne considerate sane ma eccessivamente autocritiche, le quali hanno provato a cambiare corpo, per così dire, entrando in uno virtuale a grandezza naturale e in una versione più piccola, identificata con un bambino; l’esperienza vissuta in prima persona si è svolta all’interno di una stanza virtuale, che era visibile attraverso gli occhi dell’avatar stesso.
Tutte le partecipanti avevano il compito di esprimere compassione nei riguardi di un bambino virtuale (che rappresentava una versione in piccolo delle stesse partecipanti) che si trovava in difficoltà. Nel giro di alcuni minuti, circa la metà delle persone ha espresso parole di compassione nei confronti del proprio corpo adulto reale, mentre i rimanenti hanno assistito alla scena da una prospettiva in terza persona. Intervistate al termine dell’esperimento, le donne che hanno vissuto l’esperienza in prima persona tramite gli occhi del bambino virtuale si sono sentite sollevate, maggiormente al sicuro, provando meno autocritica e più auto-compassione. In quelle che, invece, hanno vissuto la prospettiva solamente in terza persona è stata riscontrata una diminuzione dell’autocritica.
L’esperimento dunque ha avuto un esito positivo, come confermato da uno dei ricercatori, la dott.essa Caroline Falconer. La troppa autocritica, infatti, svolge un ruolo primario nello sviluppo di diversi disturbi della salute mentale, fra i quali appunto la depressione. Secondo il parere degli studiosi, le persone che si auto-compatiscono in misura minore hanno livelli di autocritica sensibilmente più bassi e in questo modo sono capaci di affrontare in maniera migliore eventuali eventi negativi. Il confronto con il sè stesso virtuale, dunque, è risultato essere produttivo e una terapia di questo tipo sarebbe davvero rivoluzionaria, poiché il proprio benessere non passerebbe più dal confronto con un professionista ma da quello con il proprio alter ego virtuale.
In conclusione, la cosiddetta avatar-terapia ha insegnato a questo gruppo di donne a perdonare i propri errori o fallimenti e ad essere meno esigenti nei confronti di loro stesse.
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