Dal Giudice di Pace di Milano è arrivata una sentenza che ha fatto felici molti automobilisti del territorio milanese.
Tutto è nato dopo le proteste e i ricorsi presentati dai cittadini imbufaliti per il ritardo con il quale venivano loro notificate le multe per eccesso di velocità. In particolare, le lamentele si riferivano alla prassi ormai consolidata del Comune di Milano di notificare i verbali ben oltre i termini consentiti (ossia i canonici 90 giorni). In alcuni casi il ritardo arrivava a toccare i 130 giorni fino a spingersi a ben 150 giorni dalla violazione. La situazione si era venuta a creare dopo che il Comune, una volta ottenuta l’autorizzazione dalla Prefettura, ha preso la decisione di installare una serie di apparecchiature in grado di controllare la velocità degli automobilisti su alcuni punti stradali strategici. Visto il grande numero di fotogrammi che immortalavano infrazioni, gli uffici preposti alla notifica non sono riusciti materialmente a procedere nei tempi previsti all’evasione. A quel punto, piuttosto che cestinare le notifiche il Comune ha preso la decisione di indicare due date diverse per la violazione dell’infrazione e per l’accertamento; questo per tentare di rendere legali le notifiche in ritardo.
In diversi casi, però, la data dell’accertamento risultava posticipata di almeno un paio di mesi. In realtà, già in passato, sia la suprema Corte di Cassazione che la Consulta avevano sancito che il termine previsto per la notifica non ha luogo dalla data in cui viene effettivamente identificato il trasgressore, ma da quella nel quale l’operazione ha la possibilità di essere effettuata, ossia dal giorno successivo a quello dell’infrazione.
A giustificare quanto fatto il Comune di Milano ha voluto sottolineare che il numero delle auto che hanno sorpassato i limiti di velocità a partire dall’installazione dei sistemi di rilevamento era stato “imprevedibilmente alto”. Questo, però, non ha condizionato la decisione del Giudice di pace, che ha accolto i ricorsi; dopo l’ottenimento del parere del Viminale, probabilmente anche la stessa Prefettura potrebbe prendere presto lo stesso tipo di decisione. Il problema a questo punto, per l’Amministrazione Pisapia, è quello di gestire la situazione di quanti, ricevuta la multa, hanno deciso di pagarla comunque, visto che è già stato indicato che tali pagamenti non saranno restituiti. Inoltre, non è del tutto scongiurata l’ipotesi del danno erariale che si è venuto a costituire a causa della prassi; il rischio è alto, considerando che per il Giudice di pace (una volta accolti i ricorsi), i 43 euro di spese sostenute per ogni ricorso dovranno essere addebitati allo stesso Comune.
Tutto questo poteva essere evitato; sarebbe bastato che la Polizia Municipale si fosse attenuta a quanto indicato sia dalla legge che dalle pronunce della Consulta e della Corte di cassazione. Tale scandalo rischia di diventare un ulteriore esempio della distanza che ancora sussiste tra la Pubblica Amministrazione e i cittadini.