L’Australia è ancora sotto shock e ora la domanda che si fanno tutti è se questo sia solo l’inizio di una serie di azioni isolate portate avanti da “lupi solitari”. L’uomo protagonista dell’azione terroristica che ha portato alla morte di due persone era un cinquantenne nato in Iran che le autorità già conoscevano in quanto era inquisito per il decesso della ex consorte. Nella mattinata di due giorni fa, l’uomo ha deciso di mettere in atto i suoi propositi in una caffetteria situata nel centro della capitale australiana e dopo ore ed ore di inutili trattative è stato ucciso nel blitz delle forze speciali.
La popolazione e il mondo hanno potuto seguire l’evolvere della situazione attraverso le televisioni e assistere a scene che rimarranno impresse a lungo, come la fuga di alcune persone dal locale e l’utilizzo da parte dell’uomo di alcuni ostaggi, costretti a stare contro le finestre e a fare così da “scudi” alla sua persona.
Grazie alla televisione è stata presto nota a tutti la sua identità e polemiche sono subito esplose non appena si è saputo che era giunto nel Paese poco meno di 20 anni fa con lo status di rifugiato politico e che negli anni scorsi aveva spedito missive piene di invettive ai parenti dei militari australiani deceduti in Afghanistan.
Per questo aveva subito una condanna penale e successivamente aveva avuto altri guai con la legge a causa di alcune denunce per violenza sessuale. Poi è arrivata la decisione di indirizzarsi verso l’Islam più radicale e circa due mesi fa, in una missiva fatta pervenire alla comunità islamica della città australiana dove ha messo in atto il suo folle gesto ha annunciato l’intenzione di rinnegare “l’Islam che dialoga con le altre confessioni religiose”.
Ora Man Haron Monis, questo il nome dell’uomo, è morto: ma l’Australia si domanda con paura se il suo rimarrà un gesto isolato o se il paese deve prepararsi ad una serie di atti simili da parte di altri simpatizzanti dell’Islam più violento.
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