“L’amore bugiardo – Gone Girl”: dal regista di Fight club una crisi di coppia in salsa hitchcockiana
David Fincher può essere considerato ormai a pieno titolo una garanzia: i film da lui diretti restano impressi nella mente e gli esempi non mancano di certo, da “Fight Club” a “The social network“, passando per “Il curioso caso di Benjamin Button”. E “Gone Girl” – la pellicola nelle sale italiane in queste settimane – non fa eccezione. “L’amore bugiardo” (così è stato tradotto il titolo in italiano) è basato sul romanzo omonimo scritto da Gillian Flynn nel 2012 e il film è una trasposizione piuttosto fedele delle pagine del libro, anche perché Flynn si è occupata della stesura della sceneggiatura.
I protagonisti della vicenda narrata nel film sono Nick Dunne (Ben Affleck) e sua moglie Amy ( Rosamund Pike), alle prese con un matrimonio complicato. Ad aumentare la tensione fra i due c’è il fatto che l’uomo perde il suo lavoro di giornalista per via di un ridimensionamento all’interno della testata nella quale prestava servizio. Nick decide quindi di lasciare New York e trasferirsi nel Missouri, ritornando così nella sua città natale. Lì apre un bar, sfruttando un fondo fiduciario della moglie, e lo gestisce in società con sua sorella. Nonostante le cose vadano meglio a livello economico, Amy è sempre più insofferente nei confronti del marito: le manca la sua vita a New York e si trova non poco a disagio nella sua nuova realtà.
I due raggiungono faticosamente il quinto anno di matrimonio, ma nella data dell’anniversario Amy sparisce. I sospetti ricadono immediatamente sul marito: dopo la scomparsa della donna, la casa si presenta come la scena di un rapimento, o persino di un omicidio, e certo l’assicurazione sulla vita della moglie non alleggerisce la posizione di Nick. Da qui in avanti lo spettatore deve affidarsi ai racconti delle rispettive esistenze fatti da Amy e Nick, cercando di capire come siano andate realmente le cose. Nick racconta al presente la sua versione, mentre quella di Amy è riportata su un diario che la donna teneva. Ben presto si comprende che entrambi non sono narratori del tutto credibili, e ognuno nasconde qualcosa rendendo più complessa la comprensione del quadro d’insieme della loro relazione. Da una parte troviamo così una moglie manipolatrice e bugiarda, dall’altra un marito un po’ impacciato che in passato l’ha tradita con un’altra donna. In mezzo il sospetto di violenze domestiche da parte di Nick: è davvero così fragile come sembra oppure nasconde qualcosa? Ben Affleck veste bene i panni di quest’uomo così timido e riservato da non lasciar trasparire alcuna emozione, tanto da risultare freddo e distaccato e attirare così ancora di più i sospetti su di sé.
Fra le righe si nota un richiamo al celebre “Guerra dei Roses“, in una versione forse più cinica e senz’altro più moderna: dal momento della sparizione della donna, si scatena il circo mediatico di televisioni e stampa, che indagano a fondo nella vita dei due con l’intenzione di far emergere le problematiche e per nulla interessati ad arrivare ad una soluzione. La riuscita dei vari colpi di scena nell’evoluzione della vicenda si deve alla regia di Fincher, abile nel creare il giusto livello di tensione con immagini inquiete e frammentate e soprattutto con il montaggio che cambia seguendo due registri narrativi, da una parte quello del marito accusato della scomparsa della moglie e dall’altro quello di una donna non così innocente come vorrebbe apparire. Un film che è stato definito “hitchcockiano” non a torto, pur mantenendo le dovute distanze.