Un nuovo sistema che si propone, almeno sulla carta, di far pagare di meno i poveri e di più i ricchi. Ma la riforma sul catasto non è soltanto questo, infatti, nonostante le rassicurazioni dell’esecutivo Renzi, sono in molti che temono che il tutto si traduca con una vera e propria stangata per i cittadini in generale, dal valore simile a quello di un’autentica imposta patrimoniale.
Il Governo, invece, parla di un gettito piuttosto simile a quello incassato attualmente dal Fisco dal patrimonio immobiliare ed equivalente a circa una cinquantina di miliardi ( 24 quelli garantiti da Imu e Tasi e altrettanti quelli attesi con le imposte su compravendite e successioni).
La riforma del catasto è ormai imminente e si è velocizzata proprio grazie alla nascita di Ici, Imu e Tasi.
Ad essere coinvolti numerosi immobili( ben 64 milioni, di cui 34 di natura abitativa) con l’obiettivo di attribuire un valore catastale più corretto e coerente alle valutazioni di mercato, pensando che oggi le stesse sono ancora ricavate da un Regio decreto del 1939, integrato delle modifiche apportate in questi 65 anni, l’ultima nel 1991-1992.
Una rivoluzione che dovrebbe garantire l’eliminazione delle tante, troppe ingiustizie come gli immobili, talvolta parliamo anche di attici, siti nei centri storici anche di grandi città, spesso accatastati come A4 o A5, ossia considerati alla stregua di case popolari o ultrapopolari (vale a dire quelle prive di bagno) e perciò gravati da una rendita ( poi elemento di calcolo per Irpef, Tasi ed Imu) nettamente inferiore a quella, ad esempio, di case modeste sorte in periferia e classificate come A2 o A3 (abitazioni di tipo civile ed economico), per una categoria che raggruppa circa l’80% delle case degli italiani.
Per cambiare il catasto le previsioni parlano di cinque anni, anche se l’iter, avviato grazie ad un decreto legislativo approvato a Novembre che sembra aver rivitalizzato le commissioni censuarie provinciali, potrebbe concludersi anche entro i 3. Commissioni che saranno composte da esponenti dell’Agenzia delle Entrate e da un pool di professionisti, deputati a verificare le rendite statali in ogni singola abitazione.
Il calcolo delle rendite sarà quindi rimodulato in base ad un nuovo sistema di calcolo, che prevede l’utilizzo di un algoritmo che consentirà, affrancandosi dal concetto di vani per utilizzare il criterio dei metri quadrati (distinguendo 3 sole categorie: abitazioni, attività produttive e immobili sociali e pubblici), di stabilire rendita e valore catastale degli immobili. Il tutto grazie ad un nuovo decreto legislativo che vedrà la luce in uno dei primi Cdm di quest’anno.
Ogni immobile avrà un nuovo valore catastale che verrà determinato da innovativi parametri, quali il luogo in cui si trova l’immobile, dai servizi cittadini precedenti, o legati alla sua esposizione e affaccio, alla manutenzione dello stabile, l’efficienza energetica dell’immobile, ecc… Ed il calcolo verrà ( o almeno dovrebbe) essere puntualmente aggiornato in caso di variazioni significative, ad esempio la realizzazione di una nuova strada statale o alla creazione di una pista ciclabile, ecc…
Le quotazioni di ogni singola abitazione così dovrebbero avvicinarsi maggiormente alle quotazioni di mercato, determinando una più corretta ridistribuzione del pagamento delle tasse patrimoniali. Si prevede che numerosi immobili vedranno aumentare le imposte in misura esponenziale anche se gli esperti tendono ad escludere l’ipotesi di una vera e propria stangata ( le prime simulazioni, comunque, ipotizzano, per le grandi città, aumenti sulle tipologie di abitazioni A2 e A3 dal +30% di Aosta per arrivare al .+150% di Firenze, passando dal
+51 e + 130, rispettivamente di Torino e Napoli). Una riforma che dovrebbe vedere anche penalizzati molti proprietari di immobili erroneamente ad oggi classificati come popolari e ultrapopolari (A4 e A5) e le cui rendite sono oggi la metà o addirittura un terzo di quella media.