Dopo estenuanti battaglie e lunghe attese, una 50enne di Bologna, il cui nome è debitamente omesso per tutelarne la privacy, potrà avere un figlio nonostante il marito sia morto 4 anni fa.
La coppia, che si era rivolta ad un centro di fecondazione assistita nel 1996, aveva fatto prelevare degli embrioni e proceduto all’impianto che purtroppo non ebbe esito positivo. I coniugi decisero in quel momento che avrebbero congelato gli otto embrioni rimasti per ritentare in futuro un nuovo impianto.
La coppia rimase sempre convinta della decisione, asserendo anno dopo anno, la volontà di mantenere gli embrioni per non chiudere tutte le porte qualora decidessero di riprovare ad avere un figlio.
Purtroppo dovettero smettere di cercare il concepimento a causa della malattia dell’uomo, che 4 anni fa morì, lasciando come eredità alla moglie, la possibilità di avere un figlio da lui, utilizzando gli embrioni tanto discussi.
Nonostante vi fosse il consenso tacito, all’inizio i tribunali negarono l’autorizzazione per un’interpretazione cavillosa della legge 40, spiegando che per procedere all’impianto, entrambi i coniugi dovevano essere in vita.
La Corte, dopo vari rigetti negli anni, ha stabilito, spulciando ed interpretando la chiacchierata legge 40, che nonostante la morte del marito, il fatto evidente che questi embrioni siano ancora protetti e mantenuti in vita e non in chiaro stato di abbandono, siano la palese dimostrazione del fatto che entrambi, marito e moglie, non abbiano mai rinunciato a quel desiderio di gravidanza e quindi dopo quasi 5 anni di sentenze, si è arrivati alla soluzione.
La decisione del giudice, è stata presa anche in considerazione dell’età della donna e del fatto stesso che non possono più aspettare schivando cavilli burocratici ed estenuanti ricorsi.
La donna potrà ora finalmente procedere alla realizzazione del suo desiderio e recarsi presso la struttura del Policlinico Sant’Orsola, dove l’autorizzazione alla procedura è infine arrivata.
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