Nello scorso mese di dicembre, Alberto Stasi fu condannato a 16 anni di reclusione per l’omicidio della sua fidanzata, Chiara Poggi. Oggi sono state rese note le motivazioni della sentenza della Corte d’appello milanese. Per i giudici il delitto venne commesso in quanto per Alberto la fidanzata era “pericolosa”, anche se il “motivo” dell’omicidio rimane ancora sconosciuto.
Secondo la motivazione depositata stamani, la ragazza si fidava completamente del suo fidanzato e per questo è rimasta inerme, tanto che Alberto Stasi ha potuto effettuare con molta facilità quel massacro senza pietà. Secondo quanto scritto nelle motivazioni, l’aggressione di Stasi alla fidanzata è avvenuta in maniera improvvisa: la ragazza non ha nemmeno tentato una reazione vista l’intimità quotidiana con il fidanzato, dal quale non si sentiva minacciata. Nella ricostruzione del delitto viene evidenziata da parte dei giudici una “progressione criminosa”; Chiara è stata in un primo momento colpita alla testa, successivamente di nuovo colpita mentre si trovava vicino alla porta della cantina e poi lanciata lungo le scale a “testa in giù”.
Secondo i giudici, questa progressione omicida, anche se non è noto il “motivo” alla base del delitto, va valutata come tendente ad uno scopo preciso, cioè l’eliminazione fisica della vittima.
Alberto Stasi è stato condannato a 17 anni, mentre il pg aveva chiesto una pena di 30 anni. Il processo davanti alla Corte d’Appello era il secondo che si celebrava dopo che la Cassazione aveva annullato le sentenze di primo e secondo grado che avevano invece assolto l’imputato; secondo i suoi avvocati difensori, Stasi è vittima di un errore giudiziario.
Oltre alla condanna alla detenzione in carcere, i giudici avevano stabilito anche dei risarcimenti da versare ai familiari della ragazza, 350 mila euro per ognuno dei genitori e 300 mila euro per il fratello. Anche Stasi, durante il processo di appello, con una dichiarazione spontanea di fronte al collegio giudicante, si era detto vittima di un errore e aveva parlato dell’accanimento nei suoi confronti da parte della Procura. Nelle motivazioni dei giudici viene anche descritto il comportamento di Stasi che è sempre stato poco collaborativo nei confronti di investigatori e magistrati, ed in qualche modo anche fuorviante.