Quando, all’interno dell’ampio universo dell’amore, si parla di fiducia e di rapporto nel tempo, solitamente si finisce per toccare l’argomento fedeltà.
Da anni uomini e donne discutono su tale tema e sui motivi che possono portare al tradimento stesso. In molti casi si parla di rapporto che si trascina, di mancanza di attenzioni, di desiderio di provare qualcosa di nuovo. Per tale motivo, è sufficiente cercare in Rete per vedere numerosi consigli su come mantenere in salute il matrimonio per evitare che arrivi, prima o poi, l’inevitabile scappatella. Ora, però, questo potrebbe non avere più valore, almeno in parte, se è vero quanto emerso da diversi studi presentati nel corso del ventitreesimo convegno dell’Associazione europea di psichiatria.
Infatti, secondo quanto sostenuto dalle ricerche, la fedeltà in amore potrebbe essere determinata anche da fattori genetici, e non solo da quelli psicologici e culturali. Per ora mancano, a sostegno della tesi, delle prove scientifiche; il fatto, però, che un’intera sessione di lavori sia stata dedicata unicamente a tale tema, sembrerebbe confermare la sua veridicità. È stato lo psichiatra Richard Balon, che opera all’interno della “Waynestate University”, situata a Detroit, a suggerire come alcuni soggetti siano “predisposti geneticamente“ al tradimento più di altri.
Questo sarebbe dovuto alla dopamina, ossia al cosiddetto “ormone del piacere e della curiosità”, ma anche all’ossitocina, definito come “ormone della gravidanza e dei legami”.
Quanto esaminato fino ad ora, comunque, necessita di ulteriori analisi e ricerche. In particolare, bisognerà valutare quanto testato su un campione di popolazione sicuramente maggiore. Pertanto, coloro che sono già pronti a giustificare le proprie scappatelle con il fatto di essere “geneticamente predisposti” alle stesse, dovranno ancora attendere ulteriori conferme.
In passato, la “Ohio State University” aveva analizzato il comportamento dei coyote, una specie nota agli esperti per essere assolutamente monogama. In quel caso, per verificare l’influenza dei geni sul loro comportamento, avevano lasciato degli esemplari nello stesso ambiente per alcune ore, quindi avevano iniettato un farmaco che potesse permettere ai geni di “esprimersi”, modificandone la sequenza.
Il gruppo di ricerca guidato da Stan Gehrt aveva potuto constatare come tale farmaco avesse portato ad aumentare la vasopressina e l’ossitocina, come anche i loro recettori. In pratica, era stato rilevato come i geni sarebbero in grado di agire in un certo modo solo se inseriti in un determinato contesto; in quel caso si era trattato delle 6 ore forzate di coabitazione tra diversi esemplari.