Arriva nei cinema di tutta Italia “Mia madre”, il nuovo film diretto da Nanni Moretti. Si tratta di una pellicola molto intima, che coinvolge lo spettatore portandolo agli estremi; se, infatti, in diverse scene si fatica a non commuoversi, in altre è possibile ridere con naturalezza.
All’inizio del film viene presentata Margherita (interpretata da Margherita Buy), un’attrice che sta prendendo parte ad un film sulla rivolta operaia all’interno di una fabbrica. La protesta ha luogo per la decisione presa dagli imprenditori di effettuare dei tagli al personale.
Successivamente si assiste a quello che per la stessa Margherita è il problema in grado di affliggere le sue giornate, ossia il ricovero della madre all’interno di un ospedale. Ad assistere alla donna in quel luogo di dolore è anche il fratello della stessa Margherita (che ha il volto dello stesso regista).
Nonostante la madre sia curata dal personale dell’ospedale e dai parenti, la situazione provoca in Margherita una grande tensione, manifestata sia sul luogo di lavoro che all’interno della propria famiglia.
Il film, nonostante tratti un problema difficile, riesce ad essere molto equilibrato; al contrario di quanto accaduto per “La stanza del figlio“, non ha come obiettivo quello di far riflettere lo spettatore sull’elaborazione del lutto, bensì sulla morte stessa. A rendere perfettamente riuscito il film è anche l’interpretazione offerta dalla Buy, che sembra aver raggiunto un livello di profondità mai toccato nel corso della sua carriera. Moretti, in questa pellicola, è da apprezzare come attore ma, soprattutto, regala un’ottima prova in qualità di regista.
Sebbene alcune scene siano state concepite per fornire una visione grottesca, questa non finisce mai per scadere nella farsa; i momenti drammatici, invece, pur essendo coinvolgenti e provocando diverse lacrime nelle persone più sensibili, non costringono lo stesso spettatore a tormenti interiori.
A caratterizzare il film è anche la presenza di diversi spazi temporali; non mancano, infatti, i ricordi e i sogni, che permettono a Moretti di miscelare sapientemente realtà e finzione. In una scena molto emozionante si assiste, ad esempio, all’incontro immaginario tra Margherita giovane e la sua controparte adulta.
Questo continuo passaggio tra realtà e funzione, comunque, non appesantisce mai la scorrevolezza della storia; serve solamente per far emergere in modo ancora più chiaro le ansie e, soprattutto, i rimpianti della protagonista.
Moretti, anche in questa occasione ricorre all’ironia; in particolar modo, la utilizza per criticare il suo stesso mestiere di regista, attraverso le parole che Margherita rivolge al suo gruppo di lavoro. Non mancano anche momenti che è possibile definire come esilaranti; un esempio è rappresentato dalla presentazione del personaggio interpretato da Turturro. Ma a caratterizzare il film sono le tante scene nelle quali si assiste a manifestazioni di affetto e tenerezza legate, in particolare, alle condizioni della madre. Quando quest’ultima viene a trovarsi nell’impossibilità di parlare a causa del tubo che si trova in gola, o quando si vede costretta a subire una scenata dalla figlia perché non riesce a reggersi in piedi, la sensibilità del regista emerge in tutta la sua drammaticità. Infine, sono da ricordare i momenti più leggeri.
In conclusione, si tratta di un’opera destinata a rimanere tra le migliori di Nanni Moretti, capace di trattare con delicatezza, discrezione e naturalezza vita e la morte, portando in scena il variegato spettro dei sentimenti e pensieri che scandiscono le giornate di ognuno di noi, siano essi banali, meschini o eroici.
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