È di un paio di settimane fa la notizia dell’accordo raggiunto tra Stati Uniti e Iran destinato a portare, molto probabilmente, ad una frenata decisa alle ambizioni nucleari di quest’ultimo Paese, per una situazione che ha rappresentato una minaccia di grande portata nel decennio passato.
Questa notizia positiva, però, viene bilanciata da quella relativa all’India, che ha deciso di riprendere a produrre internamente le proprie armi, invece di importarle come fatto fino ad ora. Sempre in termini di armamenti, la Russia di Putin riesce a trovare i finanziamenti necessari per la sua crescita “vendendo” le proprie conoscenze in ambito militare al miglior offerente. Infine, controllando i dati della Cina, si scopre come il budget che il Governo decide di destinare annualmente alla difesa aumenta in modo progressivo.
Il Guardian ha cercato di fare maggiore chiarezza in merito raccogliendo i dati forniti dal “Sipri” di Stoccolma. In base a tali dati è risultato come alcuni Paesi stiano effettivamente riducendo le proprie spese militari; la Siria, infatti, negli ultimi 5 anni, ha visto scendere queste ultime da 288 a poco più di 150 milioni di dollari. Anche l’Iraq sta agendo in tale direzione, con una diminuzione da 369 milioni di dollari a meno di 200. Ma in altri casi si sta procedendo in modo opposto; in particolare, i Paesi che si stanno armando in maniera decisa sono l’Egitto (che ha quasi raddoppiato i costi, passando da 842 a più di 1.500 milioni di dollari), l‘Arabia Saudita, gli Emirati Arabi e lo stesso Iran. Quest’ultimo, in particolare, ha aumentato i costi per gli armamenti portandoli da 933 a 1.712 milioni.
Osservando tali dati non è una sorpresa il fatto che sia tutta l’area mediorientale ad essere una delle zone a più alto rischio di conflitto. È importante sottolineare, comunque, che la corsa agli armamenti di tali Paesi rappresenta un vantaggio anche per diversi altri Stati. Sono stati sempre i ricercatori del Sipri ad aver incrociato i dati in merito alle compravendite. Grazie a tale operazione hanno potuto constatare come i finanziatori di tali armamenti siano proprio i 5 membri che fanno parte in modo permanente del “Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite”. Risulta, infatti, come l’Egitto abbia acquistato i missili dalla Russia, ma sia ricorso anche all’aiuto di altri Paesi per le altre armi. I droni, ad esempio, provengono dalla Cina mentre diversi mezzi, sia aerei che navali, sono stati realizzati in Francia. Ma gran parte delle sue forniture militari l’Egitto se le procurerebbe negli Stati Uniti. Anche l’Italia, come la Germania e la Spagna, contribuisce a rendere tale Paese sempre più fornito di armi. Per l’Iraq, invece, tra i fornitori principali possono essere segnalate entrambe le superpotenze, Stati Uniti e Russia, alle quali si affiancano sia nazioni europee (Repubblica Ceca e Germania) e nazioni orientali (corea del Sud).
Altri Paesi, come l’Iran e la Siria, preferiscono affidarsi ad un solo “partner”; entrambi, infatti, hanno scelto la Russia. L’Arabia Saudita, invece, sembra non voler scontentare nessuno, acquistando da Paesi europei, dagli Stati Uniti, dal Canada e persino dalla Svizzera. Infine, ad armare gli Emirati Arabi, armi, mezzi e munizioni provenienti da Francia e Stati Uniti, Canada, Sud Africa, Singapore e l’Italia.