Ormai è una nozione di pubblico dominio: avere livelli alti di colesterolo nel sangue aumenta notevolmente il rischio di sviluppare malattie cardiache, restringere le arterie ed andare incontro ad ictus.
Quando i livelli di colesterolo nel sangue sono troppo elevati, esso può depositarsi all’interno delle pareti arteriose e formare delle placche aterosclerotiche. Queste placche, aumentando di volume, riducono il lume interno delle arterie, favorendone l’ostruzione ed ostacolando il flusso sanguigno.
La notizia che negli ultimi giorni è rimbalzata tra le riviste di ambito scientifico e non, è che la Food and Drug Administration (FDA), agenzia governativa statunitense che si occupa della regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici, ha promosso “alirocumab“, il nuovo farmaco contro il colesterolo prodotto dalla Sanofi e dalla Regeneron Pharmaceuticals.
Sanofi ha acquistato un voucher di sessantasette milioni di dollari per velocizzare l’iter di autorizzazione e potrebbe ottenere il via libera già entro la fine di Luglio.
Un secondo farmaco che sembrerebbe altrettanto valido è “evolucumab“, prodotto da Amgen e recentemente approvato in via preliminare dall’Agenzia Europea per i medicinali (EMA).
Per quest’ultimo si attende il responso della FDA, che potrebbe arrivare per il mese di Agosto.
In Italia, considerata l’approvazione dell’EMA, i tempi di attesa potrebbero ridursi, ed il farmaco potrebbe entrare in commercio entro un anno.
Elliot Antman, presidente della American Heart Association, si dice entusiasta dei risultati di “evolucumab“, poiché uno studio effettuato su quattromilacinquecento pazienti ha rilevato che oltre il 90% di coloro che sono stati trattati con il farmaco, in solo tre mesi, ha ottenuto dei livelli di colesterolo ottimali.
Questi nuovi farmaci a base di anticorpi monoclonali sembrano avere le potenzialità per rivoluzionare la prevenzione delle malattie cardiache: agiscono sull’enzima epatico PCSK9, che interviene attivamente nel metabolismo del colesterolo.
Citando il professor Alberto Margonato, i dati resi finora disponibili:
“Dimostrano che questi farmaci hanno una potenza mostruosa sia in associazione con le statine che da soli. In un soggetto in terapia, l’aggiunta di questi anticorpi monoclonali riduce il colesterolo LDL del 70%”.
Ad oggi, le terapie utilizzate in caso di ipercolesterolemia sono due: l’”ezetimibe“, che inibisce l’assorbimento del colesterolo, e le “statine“, che ne inibiscono la sintesi.
Queste ultime in particolare non sono ben tollerate da tutti e possono presentare come effetto collaterale affaticamento e debolezza muscolare.
I nuovi farmaci, oltre ad essere estremamente più efficaci, non sembrano presentare i medesimi effetti collaterali, ma hanno in compenso costi elevatissimi: la terapia per un paziente potrebbe costare tra gli ottomila e dodicimila dollari all’anno.
Diversa è anche la somministrazione del farmaco: mentre quelli tradizionali si assumono in pillola, i nuovi farmaci vengono iniettati – a seconda delle dosi prescritte dal medico curante – una volta al mese o una ogni due settimane.
Si stima che “alirocumab” ed “evolucumab” possano far diminuire il colesterolo LDL (Low Density Lipoprotein, il cosiddetto colesterolo cattivo) a trenta – quaranta milligrammi per decilitro di sangue.
Si attendono ancora gli esiti degli studi sull’effettiva incidenza sulle malattie cardiache ma, alla luce dei risultati finora ottenuti, gli esperti non trattengono l’ottimismo tanto che Joshua Knowles, cardiologo della Stanford University, ha ritenuto appropriato definire i due farmaci in questione come un “trionfo della moderna genetica molecolare”.