Da fonti diplomatiche del Segretariato delle Nazioni Unite è stato reso noto il nuovo impegno del’Onu nei confronti dei bambini nati da rapporti sessuali tra caschi blu e donne delle popolazioni sotto controllo.
L’organizzazione intergovernativa ha, infatti, cominciato a distribuire gratuitamente test del Dna per verificare la paternità dei cosiddetti peacekeepers babies.
La notizia è arrivata direttamente dal Palazzo di Vetro, ad un solo giorno di distanza dalla divulgazione del rapporto Oios, ovvero dei servizi di investigazione interna dell’Onu.
I passi più discussi della relazione riguardano il comportamento di alcuni caschi blu, provenienti da diversi Paesi, che esigevano abitualmente prestazioni sessuali in cambio di cibo, vestiti, denaro, telefonini, profumi e altri beni materiali.
Zeid Raad al-Hussein, capo dei diritti umani dell’Onu, ha dichiarato che i bambini nati da tali rapporti versano in una situazione finanziaria disperata. Dimostrare una eventuale paternità consentirebbe loro di ricevere l’aiuto che meritano.
Il test distribuito non è ancora obbligatorio e la sua diffusione continua ad essere una questione delicata. Tutto questo a causa anche del possibile dissenso dei Paesi che forniscono uomini ai caschi blu, che potrebbero non guardare con favore ad una pratica capace di rivelare, oltre alla paternità, anche possibili abusi da parte dei peacekeepers.
Una proposta alternativa, proveniente da un altro rapporto dell’Onu, è rappresentato dall’istituzione di una banca dati del Dna per tutte le truppe, a dire di molti il metodo più infallibile per dare una risposta alle rivendicazioni di paternità.