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Mea culpa di Papa Francesco con i Valdesi: “La Chiesa protagonista di comportamenti inumani”

Importante quanto storico discorso quello di Papa Francesco, in occasione del suo pellegrinaggio piemontese per l’ostensione della Sindone e la commemorazione dei 200 anni dalla nascita di san Giovanni Bosco, che arriva poi in un’altra eccezionale occasione, ovvero la visita del Pontefice presso il tempio della comunità cristiana dei Valdesi a Torino. Incontro, infatti, tra le due confessioni del Cristianesimo che riscrive i rapporti tra Vaticano e la chiesa riformata sotto la spinta di influenze protestanti. Mai un Pontefice, infatti, aveva mai messo piede in tale luogo di culto in oltre ottocento anni di esistenza della congregazione.

Durante il suo discorso Papa Francesco ha quindi chiesto perdono per gli atteggiamenti e i comportamenti di certo non considerati cristiani che si sono succeduti nel corso della storia della chiesa. La Chiesa di Roma ha, infatti, più volte attuato comportamenti inumani contro tale congregazione, pertanto in nome del Signore Gesù Cristo il Papa chiede perdono a tutta la comunità torinese. La richiesta di perdono è stata accolta da tutti i valdesi raccolti nel tempio di Torino, dove ad accogliere il pontefice vi era anche il pastore Paolo Ribet. Emblematica la dichiarazione del Santo Padre.

Da parte della Chiesa Cattolica vi chiedo perdono per gli atteggiamenti e i comportamenti non cristiani – persino non umani – che nella storia abbiamo avuto contro di voi. In nome del Signore Gesù Cristo, perdonateci!”

La comunità valdese, infatti, rappresenta l’eredità religiosa di una tradizione sopravvissuta a secoli di persecuzioni delle Chiesa Cattolica. Nucleo della dottrina valdese, dottrina imperniata su povertà e sobrietà, gli insegnamenti del  mercante Valdo di Lione, presumibile fondatore di un gruppo che in passato venne anche ribattezzato come “i poveri di Lione” , in omaggio dal dal luogo di origine dello stesso Valdo.
Oggetto di scomunica a fine 1100 (nel 1184), la comunità fu vittima di persecuzioni soprattutto dopo che abbracciò le idee della riforma protestante, episodi che sfociarono, ad esempio, in eccidi, quale la cosiddetta “Strage di Calabria” (ancora oggi commemorata) , che nel 1561 vide vittima migliaia di Valdesi, emigrati precedentemente in Calabria, ad opera dei soldati spagnoli e con la tacita complicità della Chiesa.
Nel secolo successivo, poi, si assistette ad progressiva riduzione delle libertà dei Valdesi, per opera del  ducato di Savoia, che costrinse i membri della comunità a rifugiarsi  sulle montagne o adessere vittima di una cattolicizzazione forzata, con una progressiva politica di oppressione che culminò nel 1560 con l‘editto del 15 Maggio con cui si minacciava di confisca dei beni e persino di morte i Valdesi se non fossero rientrati nell’alveo romano. Qualche anno dopo, a seguito dell’uccisione di un sacerdote cattolico a Torre Pellice, fatto di sangue imputato strumentalmente alla comunità, le truppe Savoia – vista la volontà dei Valdesi di non abbandonare le proprie terre –  li attaccarono, facendo quasi 2000 vittime e rapendo 148 bambini, affidati a famiglie cattoliche. Solo l’intervento diplomatico di  Francia e Svizzera, permetterà ai Valdesi di tornare nei propri territori. Per il riconoscimento dei diritti civili la comunità valdese – che oggi conta circa 25 mila fedeli in Italia e 13 mila suddivisi tra Argentina e Uruguay –  occorrerà attendere il 1848, per merito di Carlo Alberto e  dello Statuto che porta il suo nome.

Il Papa ha poi continuato il suo discorso dicendo che l’unità non è sinonimo di uniformità, ma che occorre  rimanere uniti anche nelle differenze. Ha così ribadito l’unione tra Cristiani e Valdesi come figli dello stesso Dio e fratelli nella fede cristiana. Basta quindi ad una conflittualità tra fratelli nella fede, ma la volontà di  dimenticare così la storia dei rapporti tra le due comunità fatti di soprusi e contese, per dare finalmente spazio al perdono e alla convivenza.

Sicuramente l’accoglienza dei Valdesi è stata altrettanto positiva e calorosa, come dimostrato anche dal moderatore della Tavola valdese Eugenio Bernardini, che ha spesso chiamato il Papa fratello in Cristo e fratello nella fede. Il Pontefice infatti da tempo ha intrapreso un cammino di riappacificazione con le chiese riformate, come volontà di Papa Francesco appare anche di fortificare il dialogo con la stessa Chiesa ortodossa. Sempre il pastore valdese si è poi complimentato per l’esortazione apostolica del Pontefice, la “Evangelii Gaudium“, con cui si invita a mettere da parte mancanze e differenze in favore della ricerca dello Spirito Santo e di ciò che ha seminato tra tutti i fratelli nella fede.

Un ultimo commento durante l’incontro di Torino è poi stato rivolto anche alla situazione dei migranti. Il Papa ha infatti colto l’occasione per spronare a trovare una soluzione per aiutare i profughi che ci stanno chiedendo aiuto, accogliendo così, come ci chiede il Cristo, qualsiasi persona che sia in situazione di necessità a prescindere dalla provenienza e dal colore della pelle o da altre differenze. Il Vangelo infatti ci insegna a sfamare chi ne ha bisogno, in quinto solo accogliendo la sofferenza si potrà entrare in intimo contatto e realmente conoscere il Cristo.

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