Ad una studiosa italiana il merito di aver ritrovato negli archivi dell’Università di Birmingham, nella sezione Antico Medio Oriente, la copia più antica di Corano finora conosciuta
Le analisi al carbonio 14 effettuate sul reperto, lo fanno risalire a circa 1370 anni fa, in un periodo nel quale il Profeta Maometto era ancora vivo. Il frammento del libro sacro appena ritrovato, secondo quanto riferisce la BBC, è rimasto nella biblioteca dell’Ateneo per oltre un secolo, senza che nessuno ne comprendesse la natura e l’importanza. La studiosa milanese, allieva di Sergio Noja, ha intuito che il manoscritto potesse essere unico, per questo ha richiesto degli esami approfonditi per conoscerlo meglio. I risultati, però, sono stati superiori alle sue aspettative. Anche Susan Worral, la direttrice delle collezioni speciali che lavora nell’ateneo è rimasta sbalordita dal ritrovamento.
Le analisi effettuate, infatti, datano il reperto in un periodo compreso fra il 568 e il 645 d. C. Muhammad Isa Waley, un esperto della British Library ha definito “scoperta emozionante” il ritrovamento del reperto, una scoperta che secondo lo studioso renderà felici tutti i Musulmani.
Il frammento appartiene alla “Collezione Mingana“, una raccolta di oltre 3.000 documenti che vennero messi insieme da Alphonse Mingana negli anni venti per il magnate del cioccolato e appassionato di arte orientale, Edward Cadbury.
AMingana era un sacerdote cristiano caldeo nato a Mosul e trapiantato in Inghilterra. La collezione e il frammento passarono successivamente all’università dove sono rimasti fino al ritrovamento. Il reperto è scritto in Hijazi, un’antica forma di scrittura araba, e risulta perfettamente leggibile grazie allo stato di conservazione. Il frammento di Corano è formato da due pergamene e contiene alcune parti di sure.
Il Corano rappresenta il messaggio che Dio rivelò a Maometto tramite un angelo e indirizzato ad ogni essere umano. Il testo sacro è diviso in 114 sure (capitoli), che sono a loro volta suddivise in 6236 versetti. David Thomas, un professore di studi cristiani ed islamici all’Università di Birmingham, ritiene che chi trascrisse il testo, potrebbe aver sentito predicare lo stesso Profeta, per un testo, quindi, quindi che riporterebbe proprio alle origini dell’Islam.