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Immigrati ammucchiati in vagoni piombati, 70 anni dopo in Ungheria la discriminazione torna a viaggiare sui binari

Molti, in questi mesi, i paesi dell’Unione Europea impegnati nell’affrontare il problema dell’immigrazione, anche se spesso ciascuno facendolo in maniera quasi autonoma, prevalentemente sull’onda dell’emergenza e non in maniera strutturata, senza che questo avvenga in una cornice europea che dovrebbe, su una problematica di tal rilevanza, dettare modalità di intervento e concertare soluzioni a lungo termine.

Delle varie Nazioni interessate dal problema, l’Ungheria è uno dei Paesi costretti ad affrontare l’arrivo di più profughi, ma di certo non si può sostenere che si segnali per l’adozione di misure così lodevoli. Se non fosse bastata la notizia della volontà di realizzare un muro, atto a dividerlo dalla vicina Serbia, ora il quotidiano Nepszabadsag ha dato notizia di un treno passeggeri delle ferrovie ungheresi, il quale avrebbe trasportato molti profughi in un vagone con le porte chiuse ed in uno spazio solitamente riservato alle biciclette.
Uomini, donne e bambini sarebbero stati stivati in questo angusto spazio senza molta attenzione al grado di salute degli stessi. Da quanto emerge il fatto sarebbe avvenuto a bordo di un  intercity , che partito nel pomeriggio da Pecs, si muoveva in direzione di Budapest. Al treno sarebbe stato aggiunto un vagone, carico di migranti, prevalentemente afgani e siriani, costretti a viaggiare a bordo di una carrozza, sulla quale era stato apposto un cartello:

 “Questo vagone viaggia con le porte chiuse”

Una misura assolutamente discutibile, adottata onde evitare che gli occupanti potessero scendere dal vagone e darsi alla fuga.

La notizia ha subito creato molti dissensi, sia interni al Paese, sia esterni. Le porte sigillate del vagone, a molti almeno, hanno inevitabilmente costretto la memoria al  triste ricordo del periodo nazista, dove circa mezzo milione di Ebrei proveniente dall’Ungheria furono trasportati in condizioni non molto peggiori nei campi di concentramento voluti da Hitler, per la loro eliminazione.
Sebbene sia dovuta una certa separazione tra questi due eventi, rimane chiaro che un trattamento del genere non possa essere riservato, ad esseri umani, spesso, costretti a fuggire da casa e famiglie, lasciando tutto quello che possiedono, a causa di guerre, integralismi religiosi o l’avanzata della miseria.

Polemiche che sembrano non aver scosso particolarmente il vice premier Lazar Janos, che si definisce molto soddisfatto della posizione dell’Ungheria, la quale non sta accogliendo profughi come dovrebbe fare secondo i trattati europei.
Intanto prosegue, nonostante inizialmente all’atto dell’annuncio dell’opera in molti pensassero si trattasse meramente di una provocazione,  la costruzione del  muro al confine sud con la Serbia ed i piani per il futuro non sono certo all’insegna dell’integrazione. Il premier Viktor Orban manifesta l’intenzione di costruire  campi subito dopo il confine nei quale identificare i migranti ed istituire il reato di immigrazione. Sebbene secondo l’opinione di molto giuristi di diritto internazionale, questo non sia possibile perché sarebbe in contrasto con le direttive europee, la posizione del Governo sembra non lasciare molti spazi per trattare.
Una posizione quella magiara che, settimana dopo settimana, si sta facendo più intransigente.  I profughi, sostanzialmente,  ndrebbero fermati e identificati in Grecia, dove approdano, per meglio gestire l’emergenza.

Naturalmente ad un’Ungheria chiusa e rigida, fa da contraltare un’altra costituita dai tanti volontari di Migration Aid, una organizzazione nata dalla società civile, che nelle stazioni di Pecs e Szeged, avamposti magiari siti al confine, si preoccupa di fornire una minima accoglienza a chi arriva, distribuendo acqua, mappe, panini e supportando le donne con bambini. Una forma di volontariato, spesso, osteggiata dagli stessi  connazionali più estremisti. Non mancano poi i cittadini ungheresi pronti a dare ospitalità a chi è fuggito dai campi chiusi, strutture stipate del doppio rispetto alla capacità prevista
Un problema, comunque lo si voglia vedere, numericamente importante, come testimoniano i quasi 100 mila clandestini arrivati nel Paese dall’inizio del’anno, dei quali ben 75 mila hanno continuato la loro marcia verso Germania, Gran Bretagna, Austria, non così inclini a restare un una Nazione dove molti vedono nello straniero una minaccia,  anche sulla scorta di una propaganda nazionalistica che spinge in tal senso.
E intanto prosegue la costruzione di un muro con tanto di  filo spinato e lamette sul confine per impedire gli arrivi, un muro capace di portare indietro le lancette della storia di interi decenni.

 

 

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