Lo Stato Islamico si è reso responsabile di un altro scempio contro il sito archeologico di Palmira, in Siria. Questa volta la distruzione riguarda l’arco di trionfo romano, una delle opere più belle del sito.
La distruzione, secondo il sovrintendente dei beni archeologici siriani, è avvenuta nella giornata di domenica, dopo che i monumenti erano stati minati nei giorni scorsi. Le distruzioni di monumenti archeologici non sono una novità per quanto riguarda i miliziani dell’Isis che con questi gesti vogliono indicare in modo chiaro il loro odio verso tutto quello che rappresenta l’occidente, anche le vestigia di tempi ormai passati.
La notizia della distruzione è stata data da Skynews, che ha citato proprio le parole di Mamoum Abdelkarim. I miliziani islamici avevano conquistato il sito archeologico già dal mese di maggio e lo scorso 19 agosto avevano ucciso, mediante decapitazione, Khaled Assad, archeologo custode del sito stesso.
Riguardo alla distruzione dell’arco di trionfo romano, Khaled Al Homsi, un archeologo che è anche un attivista dei diritti umani, ha postato su Twitter una foto del monumento prima della sua distruzione ed ha indicato, mediante dei segni rossi apposti sulla fotografia, le parti dell’arco distrutte. Si tratta della sommità centrale e di quella dei 2 archi laterali.
Nello scorso mese di agosto l’Isis aveva distrutto anche tre tombe a torre che erano state realizzate tra il 44 e il 103 dopo Cristo. Prima di questo un’altra distruzione aveva riguardato il Tempio di Bel, e quello di Balashim, appartenenti sempre al sito archeologico di Palmira che è compreso tra quelli che sono patrimonio mondiale dell’umanità. Mamoum Abdelkarim ha affermato, inoltre, di essere a conoscenza di altre parti del sito che sono state minate e di aver paura per tutta la città, che i miliziani sono intenzionati a distrugger metodicamente, considerando sacrileghi tutti questi monumenti.
Da parte di Abdelkarim c’è stato anche un appello alla comunità internazionale affinché agisca per salvare il sito archeologico di Palmira.