Cronaca

Stupro di Trecastagni: dopo la violenza sulla dottoressa l’Ordine dei Medici chiede “nuove misure”

LE REAZIONI ALLO STUPRO – Nei resoconti della cronaca di quest’oggi, il caso dello stupro perpetrato per oltre tre ore da un 26enne con turbe psichiche nei confronti di una dottoressa di Trecastagni (Catania) presenta risvolti agghiaccianti per l’efferatezza del crimine, ma anche per il fatto che è stato compiuto in maniera indisturbata (il sistema di allarme dello studio della guardia medica è stato facilmente messo fuori uso) e che si è trattato dell’ennesima aggressione nei confronti del personale sanitario.

Anche per questo motivo, l’Ordine dei Medici ma anche il Ministero della Salute (attraverso la titolare del dicastero, Beatrice Lorenzin) e il CIMO (la Confederazione Italiana Medici Ospedalieri) che ha provocatoriamente chiesto di “sospendere il servizio di guardia medica fino a quando non saranno garantite le più basilari condizioni di sicurezza) pretendono “nuove misure” per tutelare gli operatori sanitari e un giro di vite in merito a questo genere di crimini che vedono coinvolti medici e infermieri operanti in prima linea.

LE MISURE PER TUTELARE GLI OPERATORI SANITARI – All’indomani dei fatti di Trecastagni, se la Lorenzin si dice “sconvolta” su Twitter per “l’ennesimo atto di violenza commesso contro una donna medico”, il CIMO punta il dito contro le istituzioni, dato che in passato denunce su potenziali pericoli di questo genere sono rimaste inascoltate.  Sulla loro linea d’onda l’assessore alla Sanità siciliana, Baldo Guicciardi, che chiede “interventi drastici per intervenire sul tema della sicurezza”.

Dal canto suo la Federazione dell’Ordine dei Medici ha aggiunto al suo atto d’accusa un vero e proprio vademecum degli interventi da attuare: di fronte alla violenza gratuita, si chiede che vengano spostati i presidi medici presso le stazioni dei Carabinieri e i commissariati di Polizia, “ridisegnando l’intero sistema con azioni strutturali”. Inoltre, l’assistenza sanitaria, a loro dire, è oramai nelle mani di donne che vengono lasciate sole e dunque sono gli stessi luoghi dove si opera che “vanno resi più sicuri, collocandoli in contesti protetti e dove vi sia altra gente che tuteli il loro lavoro”.

Infine, Roberta Chersevani, presidente della stessa Federazione, suggerisce di valutare la fattibilità di una vecchia proposta che prevedeva di integrare gli ambulatori in una rete capillare che operi in simbiosi con i presidi delle forze dell’ordine.