Decenni di lavoro d’osservazione, ricerca, innovazione tecnologica e scientifica, hanno regalato la prima foto di un buco nero, distante 55 milioni di anni luce dalla Terra.
A scattare la foto del buco nero supermassiccio, grande 6,5 miliardi di volte la massa del Sole e ubicato al centro della galassia Messier 87, sono stati gli strumenti utilizzati dagli scienziati dell’Eht (Event Horizon Telescope), un enorme telescopio di dimensioni planetarie, poiché frutto del lavoro congiunto di diverse strutture e radiotelescopi siti in diverse parti del mondo, sparsi tra Europa, Stati Uniti, Hawaii, Centro e Sud America, Africa e Asia.
Il vessillo dell’orgoglio italiano in questo storico risultato, è portato alto dalla presenza di Mariafelicia De Laurentis, ricercatrice e professoressa di Astrofisica, che ha avuto un ruolo fondamentale nelle fasi di ricerca, coordinando il gruppo di analisi tecnica.
L’Italia ha contribuito non solo con la figura della professoressa De Laurentis, ma ha messo a disposizione altre grandi menti, come quelle dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) e dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF).
Per molti è solo una foto, ma si tratta in realtà di un risultato storico, non solo perché è la prima immagine di un buco nero con queste caratteristiche, ma perché è una prova tangibile della presenza di buchi neri supermassicci che “vivono” al centro delle galassie, i quali fungono da motore per le formazioni galattiche.
Grazie a questa immagine unica nel suo genere, sarà possibile studiare ed eventualmente confermare o escludere le teorie della relatività di Einstein.
La foto in questione mette in evidenza il cosiddetto orizzonte degli eventi, cioè il limite di un buco nero dal quale la materia e perfino la luce stessa, non possono sfuggire all’enorme forza di gravità generata da questi mostri persi nell’universo, in grado di divorare mondi e perfino interi sistemi solari.
Più ci si avvicina all’orizzonte degli eventi, più il tempo rallenta, fino a fermarsi nel punto più interno e i fotoni vengono proiettati su orbite instabili. La scienza ha segnato un passo storico nel campo dell’astrofisica e questa scoperta gonfia un po’ il petto di tutti noi di ritrovato orgoglio italiano.