E’ ormai da molti anni che nel mondo politico e imprenditoriale si discute in merito alla possibile abolizione dell’articolo 18.
Ora, dopo anni di parole, annunci, polemiche e scioperi, pare davvero vicino questa svolta epocale, con la “messa in pensione” di questa normativa per chi si affaccia ora nel mondo del lavoro. Ovviamente tale possibilità, che appare sempre più concreta, sta causando diverse polemiche tra le forze politiche, ma lo scontro più duro sembra sovolgersi paradossalmente all’intero del PD, il Partito che attraverso il premier Matteo Renzi sta portando avanti questo progetto. Non è, infatti, un segreto che la minoranza interna del PD, seppure con toni diversi, non sia d’accordo con l’idea di eliminare questa forma di tutela e ora, dopo l’approvazione del ddl nella Commissione Lavoro del Senato, la polemica tra le due anime del Partito si sta facendo sempre più forte e con il passare dei giorni rischia di diventare lacerante, rischiando secondo alcuni di mettere in discussione anche la stessa tenuta del Governo.
Il primo a far sentire la sua voce è stato il presidente del PD: Matteo Orfini ha espresso, infatti, disappunto per il contenuto del testo che è stato licenziato dalla Commissione Lavoro di Palazzo Madama e ha invocato “correttivi importanti” al testo, sia nell’Aula del Senato che a Montecitorio. Molto duro è stato l’affondo dell’ex Segretario Pierluigi Bersani, il quale ha definito quelle del Governo come “intenzioni che hanno del surreale” e ha chiesto che l’esecutivo si presenti nelle aule parlamentare per spiegare dettagliatamente il contenuto del ddl, perché l’argomento in questione:
“E’ di prioritaria importanza per il Paese“.
La risposta del Governo, per bocca di Guido Poletti, titolare del dicastero del Lavoro, non si è fatta attendere ed è stata per certi versi conciliante, visto che il Ministro ha chiarito che non è in agenda la correzione del testo da parte dell’esecutivo, perché a ciò dovrà in caso pensare il Parlamento.
Pippo Civati, leader della corrente più critica verso Renzi, ha lanciato l’idea di ascoltare la base del Partito in merito all’abolizione o meno dell’articolo 18, ma pare difficile che questa proposta trovi concorde la corrente renziana, che è maggioritaria. Anche il Sindacato è in agitazione e Susanna Camusso, dopo aver agitato lo spettro della mobilitazione generale attraverso lo sciopero, ha annunciato che a breve vi sarà un incontro con le altre forze sindacali per decidere quali iniziative prendere a difesa degli strumenti di tutela dei lavoratori “che il governo vuole smantellare su indicazione dell’UE”. Anche le forze politiche all’opposizione, ovvero SEL e M5S, hanno duramente attaccato il governo, affermando che non vi è stato:
“Nessun confronto sul testo del ddl e che la riforma renderà i lavoratori privi di qualsivoglia tutela“.
Tuttavia, se il PD è in agitazione, le altre forze politiche al Governo hanno espresso soddisfazione per il raggiungimento di quello che nelle intenzioni è il primo passo per l’eliminazione dell’articolo 18. Sacconi, in una giornata da lui definita “storica” ha voluto ricordare Marco Biagi e ha posto l’accento su come questa riforma sia il coronamento del lavoro svolto dal giuslavorista tragicamente scomparso.