I bombardamenti hanno avuto inizio alle 2:30 italiane e si sono protratti per diverse ore. Nell’operazione, oltre agli aerei da guerra, sono state impiegate massicciamente batterie di missili Tomohawk, nell’ambito di un’offensiva che era già stata autorizzata dal presidente Obama due settimane fa.
Il presidente ha informato la Camera parlando in prima persona con John Bohener. Il comando centrale americano ha fatto sapere che questa offensiva è stata organizzata allo scopo di tutelare gli interessi occidentali nella zona e di sventare futuri attacchi in territori americani da parte dell’Isis, che sarebbero già stati pianificati da ex veterani di Al- Qaida.
Oltre ai cinque paesi arabi sembra che anche forze australiane abbiano partecipato al raid. Obiettivo dei bombardamenti sono state alcune roccaforti jihadiste nei pressi della città di Raqqa, che fungevano da centri di deposito munizioni e da punti logistici per il rifornimento delle truppe.
Via Twitter, molti abitanti della città confermano il raid, riferendo di esplosioni in tutta Raqqa. L’unione dei Paesi arabi alla coalizione anti-Isis, tra cui c’è la presenza dell’Arabia Saudita, culla del wahabismo (l’interpretazione più stringente dell’Islam) e quindi precedentemente accusata di essere sostenitrice del gruppo fondamentalista, testimonia l’isolamento dello stato islamico da parte degli stessi Paesi musulmani, che stanno ormai stringendo in una morsa i fondamentalisti dell’Isis, oggi più che mai isolati ed accerchiati.
Martin Dempsey, comandante degli Stati maggiori americani, ha affermato che gli Stati Uniti e i loro alleati sono pronti ad attaccare a oltranza lo stato islamico, indebolendone le postazioni, fino alla vittoria finale.
[…] La notizia della morte del re Abdullah bin Abdulaziz è stata comunicata dai media dell’Arabia Saudita. […]