Dopo aver ottenuto il via libera dalla Direzione del Pd, Matteo Renzi non si accontenta di quanto già proposto in materia di riforma del mercato del lavoro e si dimostra pronto a rilanciare nuove proposte che riescano a portare ad un rilancio veloce e duraturo.
Il suo pensiero è ora rivolto al Tfr e all’impossibilità per le imprese italiane, soprattutto per quelle di piccole dimensioni, di metterlo direttamente nella busta paga dei lavoratori. Una soluzione, secondo il Premier, potrebbe essere quella di versare ai dipendenti parte dei soldi che arrivano dalla Bce alle piccole e alle medie imprese. Renzi stima che questa azione potrebbe tradursi in un aumento della busta paga di circa 100 euro al mese che, aggiunti agli 80 euro già previsti, finirebbero per creare “una bella dote”.
Questa soluzione sembra non convincere interamente il Pd; Fassina, infatti, ha già dichiarato che il Tfr che finirebbe in busta paga vedrebbe in buona parte il suo valore decurtato dalle tasse con l’aliquota più alta. Sempre Fassina definisce il Governo come arrivato al punto della disperazione; la Camusso, dal canto suo, vede la possibile misura tradursi “non certo in un aumento di salario”. Anche Pippo Pivati, il principale oppositoredi Renzi, è convinto che nel momento in cui si dovrà votare il jobs act molti usciranno dall’aula. Sono una trentina i dissidenti che, dopo aver firmato 7 emendamenti, non hanno alcuna intenzione di tornare indietro; al momento, in attesa di verificare l’emendamento che l’escecutivo promuoverà per tradurre il testo del Pd, stanno temporeggiando per vedere cosa lo stesso Renzi è disposto a modificare e in che percentuale vorrà dare ascolto agli emendamenti stessi.
Il Premier appare piuttosto tranquillo e ha ammesso di non avere paura dei franchi tiratori in sede al Senato, forte di una maggioranza non così netta ma comunque, ad oggi, esistente. Intanto Miguel Gotor, fedelissimo di Bersani, si è dimostrato più sollevato dopo l’apertura del Premier in tema di licenziamenti disciplinari, che permetterebbe di salvare l’art. 18 in un grande numero di casi. Dello stesso parere Chiti, convinto che questa sia una buona soluzione. Renzi vuole chiudere la questione e promuovere il jobs act in tempi strettissimi; spera che in due giorni vengano smaltiti tutti gli emendamenti, in modo da poter varare la delega, per poter giungere al vertice della Ue che si terrà a Milano con la riforma approvata e impacchettata.
Nel frattempo approfitta del passaggio televisivo a Ballarò per lanciare qualche stilettata a quella parte della sinistra che ha sempre cercato lo scontro. Ne ha per D’Alema, del quale apprezza il fatto che ogni volta che:
“Parla guadagno un punto nei sondaggi”
e per Bersani, senza il quale i lavori si sarebbero potuti chiudere molto prima evitando che si formassero spaccature.