Dopo giorni, se non settimane, di confronto a distanza tra il Presidente del Consiglio Matteo Renzi e i Sindacati, le parti si sono sedute a quattr’occhi per discutere assieme le misure stabilite dal Jobs act, la cui approvazione è attesa per domani 8 Ottobre.
Al termine dell’incontro il Premier ha voluto rilasciare una dichiarazione piuttosto positiva, nella quale ha sottolineato l’esistenza di “sorprendenti punti d’intesa“. Il faccia a faccia è durato circa un’ora, e al suo interno non è mancato qualche scontro su diversi temi.
Le due parti si sono ridate appuntamento per il 27 del mese dopo aver discusso, nella giornata di oggi, soprattutto dell’articolo 18. In merito a quest’ultimo Renzi ha presentato una nuova formulazione dello stesso che contempla, la tutela del reintegro per i licenziamenti ingiustificati, qualora si parli di licenziamenti discriminatori e per quelli disciplinari, purché venga fatta una previa specifica della fattispecie. Tra gli altri temi toccati da segnalare il Tfr in busta paga, il salario minimo e il bonus fiscale ai dipendenti, che diverrà strutturale a partire dal prossimo anno, oltre alla volontà dell’esecutivo di ridurre le attuali forme contrattuali.
Ad aprire l’incontro è stata un’introduzione di Renzi, che ha voluto ricordare alle parti sociali come sia ormai divenuta una necessità per il Paese quella di avere un clima di fiducia. Dopo il suo intervento si sono susseguiti i leader sindacali, da Angeletti della Uil alla vicesegretaria Cisl Anna Maria Furlan, da Susanna Camusso della Cgil a Geremia Mancini dell’Ugl. A questo incontro è seguito quello con le associazioni dei datori di lavoro, al quale parteciperanno anche i sindacati delle forze dell’ordine. Se Renzi ha visto risultati positivi la Camusso si è dimostrata meno ottimista, dichiarando di non aver cambiato valutazione, convinta che il Governo sia deciso a procedere unilateralmente. Inoltre, la stessa Segretaria Cgil ha sottolineato come nel corso dell’incontro non siano emerse novità, ma sia stata ribadita la posizione di Renzi in merito a cose già note. L’unica nota positiva è la disponibilità data dal Premier a discutere in merito alla rappresentanza sindacale mentre, sul resto delle questioni, non è stata registrata alcuna apertura da parte del Governo.
Renzi non vuole assolutamente fermarsi nel suo piano di rinnovamento e, per farlo, non è disposto a scendere a patti con i Sindacati; piuttosto, chiede a questi ultimi di avere pazienza e di verificare il decreto legislativo. Secondo lo stesso Renzi il Jobs act non corre alcun rischio di non essere approvato, non temendo la presenza di franchi tiratori; il premier si dice certo del voto positivo di tutto il Pd, senza possibilità di subire degli agguati.
“Ove ci fossero li affronteremo“, ha chiosato Renzi.
Lo stesso Pierluigi Bersani sembra aver escluso eventuali colpi di testa, dichiarando che non è possibile mettere in discussione la fiducia, ostentando lealtà. Anche l’ex ministro Damiano ha dato il suo benestare al voto, nonostante non manchi di lanciare qualche frecciata a Renzi; dello stesso parere è Federico Fornaro, uno degli esponenti Dem ad aver presentato gli emendamenti. Voterà la fiducia ma la definisce come “uno strappo istituzionale“. Uno dei pochi ad essere ancora convinto della necessità di non dare fiducia al decreto proposto da Renzi è Pippo Civati; ha appena scritto a Napolitano ricordandogli come il Jobs act costituisca un modo per perpetrare quella che definisce come una “prassi deprecabile” e chiedendo al Capo dello Stato di richiamare Renzi al rispetto dei ruoli e ad impiegare come meritano gli strumenti normativi a disposizione.
Nel frattempo, anche il Sel sta ritirando molti degli emendamenti proposti; dagli oltre 300 iniziali si ridurranno a 40 o 50.