Il 14 Ottobre ricorrono 108 anni dalla nascita di Hannah Arendt, la famosa storica e scrittrice tedesca di origini ebraiche, nata nel 1906 ad Hannover.
Google la ricorda nella sua homepage con un doodle di un’immagine dai colori sobri dove la si vede, seduta dietro una scrivania, tenere in una mano una penna e nell’altra dei fogli, mentre ci guarda sorridendo.
La giovane Arendt studiò filosofia con Martin Heidegger, con cui poi ebbe anche una relazione sentimentale, finché scoprì la sua passione per il nazismo. Dopo la fine della sua relazione si laureò con una tesi ispirata al concetto di amore in Sant’Agostino.
A causa dell’invasione nazista e il rischio, fortemente fondato, della deportazione, Hannah Arendt si trasferì infine negli Stati Uniti dove proseguì il suo lavoro come attivista e scrisse per un periodico tedesco, rifiutando sempre di essere catalogata come filosofa anche se spesso risulta inevitabile pensare a lei come tale a causa dei suoi preziosi contributi su filosofi come Kant,Aristotele e Platone.
Le opere di Hannah Arendt si concentrano sulla politica, l’autorità, la natura del potere e i suoi rapporti con il male.
Proprio con questo ultimo proposito realizza una delle sue opere più famose, “La banalità del male“, un insieme di resoconti circa il processo all’ufficiale Adolf Heichmann, gerarca nazista processato a Gerusalemme.
La sua passione tra politica e nazionalsocialismo trova massima espressione nel suo scritto “Le origini del totalitarismo“, scritto nel 1951, in cui cerca di trovare le origini del Nazismo e Stalinismo.
L’opera però forse più rappresentativa della Arendt si intitola “Vita Activa. La condizione umana“, il cui obiettivo primario è quello di descrivere le tre condizioni inevitabili della vita umana ovvero il lavoro, la fabbricazione e l’agire.
Hannah Arendt continuò fino all’ultimo a battersi per la libertà democratica e se ne andò proprio dove più le era stato permesso, negli Stati Uniti. Morì il 4 Dicembre del 1975, per un attacco cardiaco, a New York.
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