Ieri, il Prefetto di Roma, Giuseppe Pecoraro ha chiesto formalmente al Sindaco di Roma, Ignazio Marino la cancellazione degli atti di trascrizione dei 16 matrimoni gay firmati sabato 18 ottobre.
La richiesta scritta non prevede un termine massimo entro il quale avviare e concludere la procedura di cancellazione. La mancanza di una tempistica definita è un dettaglio non da poco, che molti leggono come una sorta di atto di “cortesia istituzionale” della Prefettura nei confronti del Comune di Roma, volto in particolare a non pressare dal punto di vista politico il Sindaco della Capitale.
All’assenza di una scadenza precisa entro la quale adempiere le richieste del Prefetto, si accompagna comunque una sollecitazione con la quale si chiede di agire in tempi rapidi.
La Prefettura ottempera così al suo ruolo di vigilanza sui registri di stato civile, che si esplicita nel controllo sulla regolarità delle trascrizioni.
Qualora il sindaco non dovesse rispondere positivamente alla richiesta della Prefettura, sarà attivato l’iter di cancellazione delle trascrizioni.
Già nella giornata di sabato, in via informale, il Prefetto aveva chiesto al primo cittadino romano di fare un passo indietro annullando le registrazioni.
La decisione del Sindaco Marino di firmare gli atti di matrimonio di 16 coppie gay ha suscitato nei giorni scorsi un vespaio di polemiche, con il ministro degli Interni Angelino Alfano che ha definito le firme “poco più che autografi”.
La decisione del Prefetto di inviare richiesta formale di cancellazione degli atti è destinata a innescare un delicato contenzioso giuridico-amministrativo: i legali di una delle coppie che sabato sono state registrate in Campidoglio aveva infatti diffidato la Prefettura dal chiedere l’annullamento delle trascrizioni. Secondo l’avvocato, infatti, l’annullamento di questi atti non spetterebbe a un Prefetto ma a un giudice.