Il New York Times ha pubblicato un reportage sugli orrori e sulle torture che i miliziani dell’Isis hanno inflitto agli ostaggi americani ed inglesi prima di decapitarli.
Secondo l’articolo del quotidiano statunitense, che si è basato sulle deposizioni di ex ostaggi, dei loro familiari ed anche su quelle di un belga, Jejoen Bontinck, che attualmente è sotto processo, la scelta ricadeva su questi ostaggi perché né gli Stati Uniti, né la Gran Bretagna, pagavano i riscatti per i loro cittadini.
Tra gli orrori che sono stati rivelati, finte esecuzioni, botte, torture varie e giorni senza cibo. In alcuni casi è stata messa in atto anche la tecnica del “waterboarding“. Una versione che è in linea con quella fornita da John Cantlie, l’ostaggio britannico che venne rapito nel 2012 insieme a James Foley. Questa agonia, secondo il quotidiano statunitense, è stata subita da tutti gli ostaggi che successivamente sono stati decapitati dai miliziani jihadisti: sia i due giornalisti Foley e Steve Sotloff, che gli attivisti Alan Henning e David Haines.
Secondo il NYT, la scelta dei prigionieri da parte dei carcerieri era dovuta al fatto che i paesi europei pagavano il riscatti al contrario di USA e GB. Il “waterboarding”, una forma di tortura che porta quasi all’annegamento e che viene praticato anche nei confronti dei prigionieri di Guantanamo, veniva praticato in caso di disobbedienze da parte degli ostaggi.
Secondo i compagni di cella era addirittura un buon segno che dopo le torture gli ostaggi fossero insanguinati, perché la mancanza di sangue faceva supporre appunto l’uso del “waterboarding”. Secondo quanto raccontato da ex prigionieri, gli ostaggi erano suddivisi in gruppi, e le maggiori possibilità venivano date a quelli provenienti da paesi propensi a pagare i riscatti.
All’inizio sono stati interessati gli spagnoli, successivamente i francesi e poi l’italiano Federico Motka, anche se l’Italia ha comunque sempre negato il pagamento del riscatto. I rapiti sono finiti nelle mani dell’Isis all’inizio del 2014, dopo essere stati ceduti da un gruppo all’altro, in una regione dove infuriava da tempo la guerra civile.
Il gruppo di prigionieri che sono passati nelle mani dei miliziani islamici era composto in totale da 23 prigionieri, di 12 nazionalità diverse, tra cui 19 uomini e 4 donne. Ad oggi, nelle mani dei jihadisti ci sono quindi solo tre ostaggi, due americani, un ex soldato ed una donna, ed un britannico, che proprio venerdì è stato protagonista di un video nel quale accusa il suo governo e quello degli Stati Uniti, di aver “abbandonato” i propri cittadini.
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