Blade Runner: Domani e giovedì torna sul grande schermo la versione finale del capolavoro di Ridley Scott
“Blade Runner” è uno fra i film che hanno fatto la storia del cinema, uscito nelle sale oltre trent’anni fa.
Un po’ per celebrare la ricorrenza e un po’ per proporre agli spettatori quello che voleva essere l’intento originale del regista Ridley Scott, la pellicola verrà riproposta nei cinema il 6 ed il 7 Maggio nella versione “The Final Cut“.
La trama è presto detta: ci troviamo nel 2019 nella città di Los Angeles, dove alcuni replicanti si sono rifugiati dopo essere scappati da una colonia spaziale; sulle loro tracce c’è un poliziotto, Deckard, specializzato nella ricerca di androidi e che ha ricevuto l’incarico di eliminarli.
“Blade Runner” è ispirato all’opera “Il cacciatore di androidi” di Philip K. Dick ed è il terzo film di Ridley Scott, uscito nel 1982 (tre anni dopo quello che viene considerato un altro dei suoi capolavori assoluto, Alien).
Al controllo della sceneggiatura del film prese parte anche l’autore del romanzo, che però non riuscì a vedere la pellicola ultimata poiché morì prima del suo completamento. A conferire spessore a “Blade Runner” è la profondità delle tematiche affrontate e non si tratta certo di un semplice action movie come potrebbe apparire a prima vista.
Il tema intorno a cui ruota l’intera pellicola è il vedere, la vista, simboleggiata dalla costante presenza dell’occhio in tutto il film; sin dalla scena d’apertura, infatti, troviamo un occhio e l’organo della vista è fondamentale nell’intero film, dato che i replicanti possono essere distinti dagli esseri umani proprio attraverso un esame sofisticato dell’iride. Nel complesso l’occhio umano narrato dal regista esce sconfitto, poiché risulta incapace di percepire la realtà che lo circonda e l’essere umano, per superare la propria cecità, si vede costretto ad affidarsi alle macchine. Queste ultime, composte semplicemente da codici binari ed ingranaggi, sono in grado di vedere la realtà e cogliere i diversi aspetti del mondo senza essere ingannate.
Il film è caratterizzato da una componente cyberpunk spiccata, come mai si era visto al cinema prima di allora e che ancora oggi può essere considerato come uno degli esempi migliori da questo punto di vista. Ciò che sino a prima di “Blade Runner” era una componente che apparteneva soprattutto alla letteratura fantascientifica, entra a far parte della storia del grande schermo con questo film.
L’opera di Ridley Scott attraversa diversi generi e questo aspetto la rende difficilmente catalogabile, anche se forse il genere di riferimento è il noir.
A far pendere “Blade Runner” verso il noir è la presenza di una città costantemente sotto una pioggia battente (elemento immancabile in questo genere), una storia in cui l’investigazione è la parte preponderante, un protagonista anti-eroe che appare tormentato e nel corso del film deve affrontare i suoi travagli interiori e infine la presenza di una femme fatale (anche questo è fra gli elementi chiave del genere). Tali aspetti rendono il film un noir rielaborato in chiave futuristica, fra replicanti e macchinari incredibilmente sofisticati per i primissimi anni Ottanta.
L’elemento che, però, rende un capolavoro questo film è il rapporto di contrasto fra uomo e macchina, che viene affrontato in maniera sapiente dal regista, il quale si rifà un po’ anche al Frankenstein di Mary Shelley quando tratteggia delle macchine capaci provare sentimenti in tutto e per tutto umani, come ad esempio la compassione. E, alla fine, la vita artificiale sarà in grado di dimostrarsi persino più umana, in un futuro reso dall’uomo cupo e soffocante.