A distanza di nove anni, era il 6 dicembre 2007, quando a Torino scoppiò il rogo nel quale morirono sette operai della ThyssenKrupp, sono state depositate, da parte della Cassazione, le “motivazioni” relative alla conferma della condanna, che la stessa Corte aveva emesso nello scorso maggio, contro i sei manager dell’azienda.
Nelle motivazioni si legge che quella dei manager fu una “colpa imponente”, dovuta alla consapevolezza del pericolo ed anche al non aver messo in atto le misure di sicurezza necessarie nell’impianto dove scoppiò il rogo. Nelle motivazioni i giudici scrivono anche che la condotta dei manager, contraria alla messa in atto delle misure di sicurezza, fu reiterata e “plurima”, e riconducibile a ciascuno degli imputati, e che ognuna delle loro decisioni aveva contribuito in maniera “sinergica” a creare una situazione di pericolo “latente” per i lavoratori impiegati in quel reparto, sia per quanto riguarda la loro integrità fisica che per danni più gravi come la perdita della vita.
I giudici hanno definito “imponente” anche la serie di inosservanze relative alle disposizioni in merito di sicurezza, tra le quali viene evidenziata anche la disposizione, contenuta nel piano di sicurezza, che metteva in prima posizione proprio i lavoratori stessi come responsabili dell’antincendio, ma dotandoli di mezzi inadeguati per il compito da svolgere, tutti con breve gittata. Inoltre, nel piano di sicurezza si tendeva ad evitare che si facesse ricorso a “presidi esterni”, di intervento pubblico. Con la sentenza messa a maggio dunque, la pena nei confronti di Harald Espenhahn, a.d. della Thyssen e degli altri manager coinvolti nel processo è divenuta definitiva.
Per Espenhahn la condanna è di 9 anni e 8 mesi, mentre per i dirigenti Gerald Priegnitz e Marco Pucci è di sei anni e 10 mesi. Sette anni e 6 mesi è la condanna di Daniele Moroni, stessa pena per Raffaele Salerno, ex direttore dello stabilimento torinese, mentre per Cosimo Cafueri, responsabile della sicurezza la condanna è di 6 anni e 8 mesi. Le pene sono quelle che erano state sentenziate nel maggio 2005 dalla Corte d’Appello torinese, leggermente inferiori a quelle originarie, sentenza che era stata duramente contestata dai familiari delle vittime del rogo.