La gara in linea era attesa con grande interesse da parte del pubblico italiano, curioso di vedere i risultati del lavoro svolto da Davide Cassani. Se le aspettative erano molte, al termine della gara la delusione è stata tanta, visto che nessuno dei ciclisti italiani è riuscito a piazzarsi tra i primi dieci in classifica, per un titolo iridato che ci sfugge da ben 7 anni, quando a vincere per il secondo anno consecutivo fu Bettini, per una selezione azzurra guidata dal compianto Franco Ballerini.
Alle spalle dello Slovacco, che ha dimostrato come sia possibile vincere anche senza godere del supporto di una grande squadra, si sono piazzati, rispettivamente, l’australiano Matthews e il lituano Navardauskas. Per la squadra tricolore, il migliore con una deludente 18esima, Giacomo Nizzolo.
Quella di Peter Sagan, ad ogni modo, era una vittoria annunciata, viste le potenzialità già dimostrate nelle ultime stagioni da questo ciclista di soli 25 anni, il cui talento era ormai pronto ad esplodere. Probabilmente, sarà destinato a ripetere le sue gesta anche per i prossimi 4 o 5 anni; questo anche per la mancanza di avversari in grado di contrastarlo. Nella sua carriera, Sagan ha già ottenuto diversi successi importantissimi e quest’anno, pur senza centrare vittorie di prestigio, si è segnalato per la regolarità impressionante, figurando sempre tra i primi al traguardo, come testimoniano emblematicamente la conquista della Classifica giovani Tour of Qatar e quella a punti nella corse a tappe della Tirreno-Adriatico, del Giro di Svizzera e del Tour (dov , pur non conquistando una sola tappa, giunge per ben 5 volte secondo e due terzo).
L’azione che ha caratterizzato la gara di Richmond è stata una combinazione di classe, follia e cuore, senza sottovalutare la testa. Chi ha sempre visto l’unico difetto di Sagan nel non saper leggere attentamente le situazioni, soprattutto a causa del suo carattere impulsivo, ha dovuto ricredersi osservando la sua perfetta condotta di gara in Virginia. È stata proprio la sua tattica attendista a permettergli di controllare gli avversari, sorprendendoli a pochi chilometri dall’arrivo. Forse, ad averlo fatto saggiamente attendere, è stato lo scarso numero di compagni di squadra. La Slovacchia, infatti, si era presentata a questi Mondiali con soli tre esponenti; considerando che le squadre più attrezzate hanno portato al via anche 9 elementi, qualcosa di diverso sul piano tattico doveva essere fatto.
Se il tracciato non ha offerto momenti di gara particolarmente interessanti per i primi 257 chilometri, a decidere quest’ultima sono stati gli ultimi 4,5 chilometri. Nel frattempo, la squadra italiana aveva già dovuto rinunciare ad Oss, caduto accidentalmente ad un centinaio di chilometri dal traguardo. Un altro ritiro ha privato la Francia di Alaphilippe. Un tentativo di fuga aveva visto protagonista Taylor Phinney, ma il ciclista è stato ripreso ai -36 dall’arrivo.
Successivamente, è stato il britannico Stannard a prendere in contropiede il gruppo scattando al terzultimo passaggio sulla “Libby Hill”; ad appoggiarlo altri 6 corridori, compreso Elia Viviani. Il momento scelto non si è rivelato, però, quello giusto. È stata la Germania (che non aveva partecipato alla fuga) a ridurre costantemente il vantaggio dei fuggitivi. Nell’ultimo giro, tentativo da parte del duo formato da Rui Costa e Boom, quindi è stata la volta di Farrar e Siutsou. Ma a decidere la gara sono stati i tre strappi posti sul finale. Se, affrontando il primo, è Stybar a provarci, seguito da altri tre corridori, nel secondo è Gilbert a tentare l’azione risolutiva. Quindi è la volta di Sagan; lo Slovacco affronta a tutta la discesa, quindi “azzanna” l’ultimo strappo e non molla neppure quando la strada spiana in vista del traguardo. Si tratta dell’azione giusta, che lo porta ad alzare le braccia sul traguardo, precedendo di qualche secondo il gruppo alle sue spalle.
A sparire completamente nella parte finale è proprio la squadra italiana. Il fatto di non essere riusciti a portare nemmeno un esponente tricolore tra i primi 10 dovrà far sicuramente riflettere Cassani, che rischia di essere processato per le scelte effettuate. A non aver convinto del tutto sono state sia la tattica di gara che la condizione fisica degli atleti. L’Italia, infatti, ha anche provato a tirare il gruppo, salvo poi non riuscire a trovare le forze per mandare uno dei suoi esponenti all’inseguimento di Sagan.
Il prossimo anno il Mondiale farà tappa in Qatar, a Doha, quindi sarà la volta della Norvegia, a Bergen. I lavori per motivare e ricostruire la squadra devono partire subito. Questo risultato, uno dei peggiori ottenuti negli ultimi anni, deve dare una nuova spinta; solo così l’Italia potrà tornare grande.