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La cyber-guerra mondiale è veramente un pericolo concreto per i cittadini delle Nazioni più importanti del Pianeta oppure si tratta di una manipolazione dovuta a una famosa teoria sociologica che prende il nome di “Costruzione sociale della realtà“?
Per intenderci, un esempio è dato dall’oroscopo, che ci dice in quale preciso giorno della settimana faremo un incontro importante e quindi tendiamo a comportarci in maniera più amichevole e vestirci in modo molto più elegante del solito.
In tempi recenti, sono stati diramati diversi allarmi sugli attacchi cibernetici sferrati dagli hacker per minare le difese informatiche dei principali governi nazionali: in effetti, ultimamente si sono conosciuti dei picchi di intrusioni che compromettono la sicurezza delle reti internet, tuttavia l’allarmismo messo in piedi sembra comunque essere giustificabile fino a un certo punto.
L’obiettivo di questo terrorismo psicologico, secondo i complottisti, è quello di convincere le persone a far sì che le autorità governative entrino in possesso di un gran numero di dati strettamente personali attraverso i quali accrescere il proprio potere informativo. E per far credere alla gente comune che il pericolo di una cyber-guerra globale sia davvero imminente, si istigano gli hacker a commettere crimini di varia natura in modo da condizionare ulteriormente l’opinione pubblica.
A questo punto la domanda è la seguente: siamo veramente alle porte di una guerra cibernetica oppure è soltanto una grossa montatura creata ad arte per consentire ai governi di spiare in tutta libertà i propri cittadini?
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È difficile dare una risposta secca, come sostiene anche Lee Tien, il presidente della “Electronic Frontier Foundation“, associazione che si occupa della tutela dei diritti nel web, il quale ha ammesso candidamente di non avere idea di come funzionino precisamente le infrastrutture di reti e soprattutto se esse sono abbastanza robuste da essere in grado di respingere senza troppi problemi a un attacco hacker di grandi dimensioni. Lee ha inoltre spiegato che negli ultimi tempi gli Stati hanno emanato leggi sulla regolamentazione delle misure di sicurezza da adottare in caso di un’offensiva cibernetica, ma a oggi non è ancora esattamente chiaro in cosa consistano: si limiteranno alla difesa oppure suggeriranno di passare al contrattacco?
Quello dello spionaggio informatico è un tema molto caldo: in particolare, Corea del Nord e Iran sono le nazioni che hanno attirato su di sé il maggior numero di sospetti, poiché nel corso degli anni hanno raccolto una miriade di informazioni sensibili sui governi di tutti gli altri Paesi. Tuttavia, Lee Tien invita a non fare conclusioni affrettate e che tra spionaggio informatico e battaglia cibernetica c’è una grossa differenza: il fatto che una Nazione osservi illegalmente cosa sta combinando un’altra costituisce in effetti un crimine, ma non un atto di guerra vero e proprio.