Negli ultimi giorni, il dibattito politico si era concentrato sul discusso tema del “ddl anticorruzione” che aveva diviso gli schieramenti.Qualche ora fa l’atteso “disco verde” da parte dl Senato; il ddl potrà passare alla Camera per essere nuovamente preso in esame. Il ddl prevede l’inasprimento delle pene per chi è accusato di reati di corruzione; inoltre, viene reintrodotto il reato di falso in bilancio. Sono molti, comunque, i cambiamenti apportati.
Il reato di corruzione, ad esempio, vede un aumento della pena, che sarà di minimo 6 anni, arrivando ai 10 anni. Questa pena fa riferimento alla corruzione che coinvolge i pubblici ufficiali; quella per induzione, invece, prevede un termine massimo che può arrivare a 10 anni e 6 mesi. Infine, la corruzione in atti giudiziari può portare ad una condanna dai 6 ai 12 anni. Aumenta anche la durata dei divieti, per chi ha subito una condanna per corruzione, di “contrarre” con la pubblica amministrazione. Il nuovo termine stabilito dal ddl è di 5 anni.
Salgono le pene per i membri delle associazioni mafiose, con una reclusione di 3 anni più lunga; da un minimo di 7 anni si passerà a 10, mentre il massimo della pena varierà dai 12 di oggi ai 15. Ancora più aspre saranno le condanne relative ai boss, che potranno arrivare fino a 18 anni. L’associazione mafiosa “armata” costringerà i condannati a scontare fino a 20 anni di pena; in quest’ultimo caso, ai boss saranno riservati fino a 26 anni di reclusione.
In tema di patteggiamento quest’ultimo, in alcuni casi, sarà condizionato alla restituzione di quanto ottenuto con la corruzione. Si tratta, nel dettaglio, di casi di corruzione per “esercizio della funzione“, in atti giudiziari, in “induzione indebita concussione” e in peculato.
Con il nuovo ddl verranno dati più poteri di controllo all’Autorità Anticorruzione, che verrà informata direttamente dal Pubblico Ministero.
La vera novità è, però, quella del ritorno del falso in bilancio, che vede una riforma dell’articolo 2621 c.c. La pena, in questo caso, sarà la reclusione da 1 a 5 anni. Questa pena viene applicata anche nel caso in cui “falsità e omissioni” abbiano per oggetto dei beni amministrati dalla società “per conto di terzi”. Per quanto riguarda le società quotate in Borsa si è provveduto ad una riforma dell’art. 2622 dello stesso codice civile. Il testo del ddl stabilisce multe di maggiore entità per le società quotata. Le quote saranno, infatti, da un minimo di 400 a 600. Per le società non quotate, invece, la multa avrà un valore minimo di 200 quote azionarie, fino ad arrivare a 400. Se, però, verrà riscontrata una corruzione in forma “lieve”, la sanzione potrebbe avere un limite massimo di 200 quote.
L’approvazione del Senato al ddl è arrivata con un numero di voti favorevoli pari a 165; i contrari sono stati 74, mentre gli astenuti 13. Molto soddisfatto del risultato raggiunto è stato il premier Matteo Renzi. Come è solito fare, ha utilizzato Twitter per manifestare la sua gioia indicando che, finalmente, ci sarà una stretta su reati importanti come quelli di mafia e del falso in bilancio. Ha voluto anche sottolineare l’aumento delle pene per la corruzione che ha luogo nella pubblica amministrazione. In chiusura del messaggio, Renzi ha voluto utilizzare il suo consueto hashtag, ossia “lavoltabuona“.
Una reazione positiva è arrivata anche da Andrea Orlando, il Guardasigilli, che ha evidenziato come il traguardo raggiunto non apparisse così scontato alla vigilia. Lo stesso Orlando ha voluto frenare un eccessivo “trionfalismo”, indicando come la battaglia che lo Stato si trova a combattere contro la corruzione è ancora lunga e difficile. Ha espresso anche un rammarico per il fatto che non è stato ottenuto un verdetto unanimemente positivo da parte del Senato.
Ha espresso il suo parere anche il viceministro alla Giustizia Enrico Costa; in base al suo parere il voto espresso dal Senato ha costituito una prova importante per la tenuta della maggioranza e del governo. Nonostante il tentativo da parte dell’opposizione di far cadere uno dei punti più importanti dello stesso ddl, ossia il falso in bilancio, la risposta delle altre forze politiche è stata importante. Lo scopo delle opposizioni, secondo lo stesso Costa, era solo quello di indebolire il Governo stesso. Il successo ottenuto rappresenta un passo importante per poter “cementare” l’alleanza dell’esecutivo e per andare avanti con le riforme.
Prima della votazione avevano voluto dichiarare la loro opposizione al decreto sia De Cristofaro di Sel che Giacomo Caliendo di Forza Italia. Il primo aveva espresso i suoi dubbi in merito al modo in cui veniva trattato il falso in bilancio nel ddl, dicendo di aver deciso di astenersi dal voto. Caliendo, invece, aveva parlato di un articolo incostituzionale; la presenza di una nuova normativa sul falso in bilancio, in base al suo pensiero, sarebbe stata solo uno strumento di propaganda usato dal Governo.
Corruzione: il Senato approva il Ddl, adesso la parola passa alla Camera