Cronaca

Finita in parità tra Italia e India sul caso Marò

Il caso dei due Marò Salvatore Girone e Massimiliano La Torre ha inizio nel febbraio 2012, quando al largo delle coste indiane la petroliera Enrica Lexie è stata avvicinata da un peschereccio indiano e i due militari, in missione di protezione a bordo della nave petroliera, pensando di essere sotto attacco da parte di una nave di pirati hanno aperto il fuoco; ad averne la peggio sono stati due pescatori indiani a bordo del peschereccio rimasti uccisi.

Avvisata la capitaneria di porto la nave Enrica Lexie è stata fatta tornare in porto e i due militari italiani arrestati con l’accusa di omicidio volontario.
Da allora si è aperto con l’India un vero e proprio caso diplomatico; l’Italia sostiene che La Torre e Girone devono assolutamente venire trasferiti in patria in attesa di essere giudicati e scontare l’eventuale pena in un carcere italiano, dato che il fatto è accaduto secondo il personale di bordo della nave petroliera italiana all’interno di acque internazionali.
Allo stesso tempo l’India rifiuta l’estradizione, pretende di giudicare i due Marò e far scontare la pena in un carcere indiano.

Non sembra esserci via d’uscita da questo tira e molla internazionale fino all’intervento del Tribunale internazionale del Diritto del Mare di Amburgo; l’India, secondo la corte di Amburgo, non avrebbe nessuna competenza per giudicare i due militari italiani, quindi sarà la procedura arbitrale internazionale a deciderne la sorte.

Secondo la sentenza emessa, l’India non dovrà prendere nessuna decisione giudiziaria o amministrativa, in egual modo ha rifiutato a Girone il permesso di rientrare in Italia ( la Torre aveva già ottenuto il permesso straordinario di rientrare a casa per curare l’ictus che lo ha colpito nei mesi scorsi).
Qualsiasi decisione riguardo alla vicenda è stata rimandata alla corte arbitrale dell’Aja.

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