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G8 Genova: alla Diaz fu tortura, Italia condannata dalla Ue

Tortura. Questo è il pesantissimo verdetto della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo su quanto accaduto nella scuola Diaz durante le manifestazioni anti-G8 del 2001. In un crescendo di ricorsi, testimonianze, prove, controprove, perizie e proteste, alla fine è la Corte di Strasburgo a dare un nome a quei fatti: tortura, per l’appunto, una parola che finora pochi al di fuori di alcuni rami della società civile avevano avuto il coraggio di usare, e che è stata invece ufficialmente “sdoganata” dall’Europa contro la polizia di Genova. Sorride, non senza amarezza, Arnaldo Cestaro, 76enne che di questo ricordo alla Corte Europea è stato fautore e che all’epoca dei fatti era tra le vittime.

Un veloce riepilogo. Genova, 21 luglio 2001, nel pieno delle contestazioni di no-global e di una frangia di black bloc al vertice del G8. Alcuni manifestanti afferenti al Genoa Social Forum alloggiano in alcune scuole della città, tra cui la Diaz, a seguito di una concessione da parte dell’amministrazione cittadina. La città, e l’intera nazione, sono sconvolti dalla violenta guerriglia urbana che vede vittima anche il giovane Carlo Giuliani.
Quella notte stessa alcuni distaccamenti dei Reparti Mobili di Roma, Genova e Milano fanno irruzione nella scuola in cerca di armi improprie, molotov e altro, presumibilmente in possesso delle frange di manifestanti più violenti, non presenti però, come emergerà chiaramente, nell’edificio scolastico, popolato solo da giovani manifestanti di diversa nazionalità.
La perquisizione si trasforma però in quella che il vice-questore del Reparto Mobile di Roma Michelangelo Fournier definirà una macelleria messicana, con più di 60 feriti alcuni dei quali in condizioni gravi.
Subito si attivano gli organi giudiziari con accuse gravissime, puntando il dito contro quella che viene definita a più riprese una vera spedizione punitiva da parte della Polizia. Le molotov e le armi improprie ritrovate nella scuola si riveleranno portate dall’esterno dagli stessi agenti, 29 dei quali (tra ufficiali e agenti) vengono rinviati a giudizio con accuse a vario titolo di lesioni, calunnia e falsa testimonianza.

Nel 2008 arriva la condanna in primo grado per 13 su 29, solo semplici agenti, mentre vengono assolti i capisquadra e gli ufficiali. Le sentenze di appello del 2010 e della Cassazione nel 2012 ribalteranno però quanto stabilito in primo grado, infliggendo condanne di varia durata per quasi tutti gli imputati (25 su 29), e la loro interdizione dai pubblici uffici per 5 anni. Parallelamente, l’allora capo della Polizia De Gennaro verrà assolto in Cassazione alla fine del 2011 dall’accusa di istigazione alla falsa testimonianza verso i propri agenti. L’atmosfera sembra riuscire a placarsi, nonostante molti continuino a invocare l’introduzione di un vero e proprio reato di tortura, presente in alcuni ordinamenti internazionali, ma non in quello italiano. Di questa opinione è anche lo stesso 76enne Arnaldo Cestaro, che sceglie di andare fino in fondo e di portare il caso alla Corte Europea di Strasburgo.

Quest’ultima, con una sentenza destinata a lasciare il segno, gli darà ragione definendo apertamente come tortura quanto accaduto alla Diaz nel 2001. La stessa Corte definisce la legislazione italiana “inadeguata” in questo senso, in accordo con Amnesty International che, attraverso il suo portavoce italiano Riccardo Noury, invita gli organi decisionali del nostro Paese a colmare questo vuoto legislativo. La speranza è che fatti come questi divengano parte di un passato da non dimenticare e da non ripetere.

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