Il primo Febbraio del 2003 l’astronave Shuttle Colombia nei cieli del Texas si disintegra, spezzandosi in tre tronconi.
Per gli Stati Uniti, è un’Ustica contemporanea, con la cittadina di Palestin che diventa teatro di una tragedia imprevista e imprevedibile. La missione, chiamata STS 107, comprende un equipaggio di sette astronauti, dei quali uno di origini israeliane. Proprio per questo motivo c’è chi pensa a un attentato terroristico, un’ipotesi alimentata anche dalla curiosa coincidenza del nome della località, Palestin appunto. In realtà, i contorni di tale vicenda non sono mai stati delineati con chiarezza, e non sono mancati i riferimenti a Ufo e altri eventi rimasti inspiegati. A suscitare dubbi a livello di contro-informazione, in particolare, è stato il fatto che a livello ufficiale sono state prodotte una serie di ipotesi discordi tra loro, chiaro indice della difficoltà delle istituzioni nel trovare una spiegazione convincente.
La prima ipotesi diffusa dai mass media è quella che sostiene la presenza di crepe sull’ala sinistra della struttura: la notizia viene comunicata da una televisione israeliana, che mette in onda un filmato e fotografie che evidenzierebbero la presenza di alcune crepe. Tale tesi, tuttavia, viene smontata nel giro di poco tempo dagli astronauti di tutto il mondo, compreso l’italiano Umberto Guidoni. Il motivo è presto detto: le immagini della tv israeliana non mostrano l’ala ma lo scafo e la sua parte posteriore. Le presunte crepe, quindi, in realtà non sono altro che cavi di collegamento.
Una seconda ipotesi, poi, sostiene che un pezzo di Space Shuttle si sia staccato al momento del decollo: anche questa teoria, però, viene abbandonata immediatamente, visto che i sensori di bordo durante il decollo non hanno segnalato alcun problema. Tra le altre teorie, poi, prende, con il passare dei giorni, sempre più consistenza quella che parla di una collisione o di uno scontro con un piccolo meteorite o con la cosiddetta spazzatura spaziale, vale a dire l’insieme dei 9mila oggetti lanciati in orbita per le missioni spaziali e rimaste nell’atmosfera. Tuttavia, alcuni scienziati smontano questa testi, sostenendo che l’orbita in cui si trovava la navetta era assolutamente pulita, priva di pericoli e ostacoli.
Di conseguenza, mentre le ipotesi più convenzionali e plausibili vengono a mano a mano abbandonate, si fanno strada le ipotesi meno convenzionali, quelle “contro”. Per esempio, un astronomo amatoriale originario della California mostra un filmato in cui si vede, attorno alla navetta, uno strano flash nel momento in cui essa si appresta a rientrare sulla Terra.
Il filmato viene ricevuto dalla Nasa, che peraltro conferma che, al momento dell’esplosione, uno strano fenomeno elettrico si era verificato nell’atmosfera superiore californiana. La teoria del fulmine cosmico viene rilanciata senza indugi, dimenticandosi tuttavia del fatto che le navette spaziali sono protette dai fulmini. La svolta giunge il 9 febbraio del 2003, poco più di una settimana più tardi rispetto all’incidente: il Comando Aerospaziale di Difesa del Nord America, il Norad, dichiara la presenza di un oggetto non identificato nei dintorni della navetta. Le agenzie di stampa italiane riportano la notizia che l’oggetto volante è stato osservato nel momento in cui la navetta stava iniziando a rientrare nell’atmosfera, e che la sua velocità era di circa cinque metri al secondo. Viceversa, le agenzie di stampa statunitensi riportano che la velocità è di cinque miglia all’ora: in pratica, quasi 8mila chilometri all’ora. Studi e ricerche a proposito di quell’oggetto spingono a identificare la causa del blackout in quell’entità misteriosa.
L’oggetto si muove secondo una traiettoria lineare, e presenta una forma discoidale: dopo aver proseguito la sua linea retta per qualche minuto, traccia un angolo acuto. Una domanda sorge, quindi, spontanea nella comunità scientifica: si tratta di Ufo? E se sì, quale sarebbe il motivo della loro azione? Le prime spiegazioni andrebbero individuate nella presenza di Alti Militari a bordo dell’astronave: ciò significa che la missione in questione non era solamente scientifica, ma aveva altre finalità. L’ipotesi più accreditata, quindi, è che gli astronauti, nel corso della missione, abbiano scoperto qualcosa di veramente importante, che probabilmente la mente umana non è in grado di immaginare. Si tratta, evidentemente, solo di ipotesi, che non possono essere confermate da dati concreti. Almeno per ora.