La leggenda trova il suo fondamento negli scritti di Crizia, parente del filosofo Platone, che, in sole dieci pagine, accenna all’esistenza di una civiltà fantastica, una terra attraverso la quale raggiungere le altre isole.
La descrizione fornita da Crizia, seppur breve, è molto dettagliata. Nei suoi testi si legge di un’isola, di dimensioni più grandi della Libia e dell’Asia messe insieme, il cui potere dominava parecchie regioni che andavano dall’Egitto, all’Europa fino a raggiungere la Tirrenia.
Il racconto viene inserito all’interno del viaggio effettuato da Solone nella città di Sais, capitale amministrativa dell’Egitto nel 590 a.C. Durante la sua permanenza, Solone, nel tentativo di impressionare i sacerdoti egiziani con la descrizione del popolo e della cultura greci, sarebbe venuto a conoscenza della storia di Atlantide.
Per bocca dei faraoni, Crizia racconta di un popolo che, dopo aver tentato invano di conquistare Atene con una lunga e cruenta battaglia, sarebbe stato inghiottito dalle acque dell’oceano a seguito di un forte terremoto e una terribile inondazione.
La scomparsa di Atlantide, aggiunge il filosofo greco, sarebbe stata la punizione degli dei contro la corruzione del popolo dell’isola. Gli Atlantidei, infatti, secondo i racconti dei sacerdoti egiziani, erano per metà degli dei. Nel corso degli anni, però, il lato umano, prevalendo su quello divino, avrebbe mostrato la corruzione del cuore degli uomini, sempre più assetati di potere e ambizione.
Il racconto di Crizia termina con la convocazione, da parte di Zeus, degli abitanti di Atlantide. Il seguito, seppur non scritto è di facile intuizione: la città fu esposta a terribili calamità naturali, fino a scomparire per sempre negli abissi del mare. Anche le terre circostanti furono flagellate dai terremoti. Solo l’Egitto, meno colpito, riuscì a conservare qualche traccia scritta dell’esistenza di quell’antica popolazione.
La storia di Atlantide suscitò più interesse di quanto Crizia non potesse immaginare. Da quel racconto, infatti, furono scritte circa 25 mila storie su un popolo che, forse, non è mai esistito.
La cosa, però, fu dimenticata per un po’ di tempo. Aristotele, infatti, discepolo di Platone, condizionò tutto il periodo del Medioevo con il suo pensiero. Pensiero che non andò in favore della storia del popolo di Atlanta, la cui collocazione temporale contrastava anche con la data della creazione del mondo calcolata dalla Chiesa.
La storia fu ripresa soltanto nel 1492, anno in cui Cristoforo Colombo scoprì l’America. La descrizione del nuovo continente, e del popolo che ne faceva parte, fece pensare che la nuova terra potesse essere proprio Atlantide. Più tardi, in Messico, si scoprì l’esistenza di una leggenda che raccontava di come gli Aztechi, in gergo “Abitanti di Aztlan”, e altre tribù presenti sull’isola dovettero lasciare la propria terra prima che essa sprofondasse nel mare.
Questa leggenda è tutt’oggi insegnata nelle scuole messicane durante l’ora di storia.
Nel trascorrere del tempo, molti studiosi continuarono ad evidenziare l’esistenza di una correlazione tra le civiltà dell’antico Egitto e quella americana.
A seguito di alcune ricostruzioni, infatti, si iniziò a pensare che Atlantide fosse una sorta di ponte naturale tra i due diversi continenti.
Nel 1815, un giovane contadino di Manchester, Joseph Smith, ebbe una rivelazione da un angelo di nome Moroni. La mistica presenza rivelò al ragazzo il nascondiglio di alcune tavole scritte in una lingua sconosciuta che lo stesso Joseph, più tardi, tradusse dando vita alla Bibbia dei Mormoni.
In quel libro, sarebbe raccontata la distruzione di una città, con caratteristiche molto simili ad Atlantide, avvenuta subito dopo la morte di Cristo.
Anni dopo, anche Charles-Etienne Brasseur riprese la storia, ispirando la prima vera opera mai scritta sull’argomento: “Atlantide, il mondo antidiluviano”di Ignatius Donnelly.
Nel suo libro, l’autore parla di Atlantide come di una sorta di Paradiso Terrestre i cui abitanti si erano distribuiti nei diversi continenti del globo. Re e regine diventarono dei, dando vita alle diverse religioni. Anni dopo, però, una catastrofe di origine vulcanica avrebbe messo fine all’esistenza di quella civiltà.
Il libro di Donnelly non ebbe molto successo a causa della tesi poco convincente su cui si basava.
Più fortuna ebbero invece gli scritti di Augustus Le Plongeon che aiutarono a diffondere la conoscenza del mito.