Il fenomeno del traffico internazionale di organi è, purtroppo, ancora poco conosciuto e poco trattato dai mezzi di comunicazione mainstream. Si tratta, evidentemente, di una grave mancanza da parte del giornalismo d’inchiesta, considerato il perverso intreccio di corruzione, interessi economici, ignoranza, imprinting culturali, controllo mediatico, disprezzo della vita umana, povertà e neocolonialismo alla base di tale realtà. Sono evidentemente diversi, dunque, i fattori da cui nasce il commercio di organi teoricamente destinati ai trapianti. Insomma, l’omicidio effettuato per rapinare un rene o un cuore è più diffuso di quel che si possa immaginare.
Sappiamo poco, in particolare, di quello che succede da noi, in Europa, in Occidente. Per esempio, pochi sanno che nel mese di novembre del 2004 i membri della Commissione Affari Esteri della Camera dei Deputati avrebbero dovuto esprimersi in maniera ufficiale a proposito della vicenda relativo al traffico di organi del Mozambico: non hanno negato l’esistenza del fenomeno, ma ne hanno ridotto la criminalità, riducendolo a un crimine “comune”. Proprio ciò che non bisognerebbe fare.
Il motivo di questo scetticismo potrebbe essere individuato nel fatto che spesso il commercio di organi viene ridotto a semplice leggenda metropolitana. Eppure, basterebbe conoscere la storia dello schiavismo per sapere che tale pratica è diffusa da secoli. Un essere umano mercificato e ucciso per produrre organi non è una realtà lontana.
Il Procuratore della Repubblica di Catanzaro nel mese di luglio del 2005 ha reso noto che da diverse intercettazioni ambientali e telefoniche è emerso che tra le diverse attività portate a termine da chi gestisce l’immigrazione clandestina vi è anche la tratta di esseri umani finalizzata ai trapianti di organi. La Sanità Pubblica della Turchia, qualche mese dopo, ha sospeso dall’attività due medici colpevoli di essere coinvolti nel traffico di organi. Il commercio criminale avviene in egual misura in Asia, in Africa, in Europa: dalle razzie schiaviste che avvengono in Mozambico alle rapine dei reni in Moldova, senza dimenticare il traffico in Afganistan.
Tutti avvenimenti che non vengono mai resi noti, né diffusi. Né le Commissioni Parlamentari né l’Aido pubblicizzano l’argomento. Eppure sono in molti a sapere: per esempio Antonio Guidi, ministro per la famiglia nel corso della prima legislatura di Berlusconi, che ha avuto modo di dichiarare pubblicamente che spesso “l’Italia rappresenta una terra di passaggio per molti bambini che come uccelli migratori attraversano il nostro Paese, e il cui destino è quello di essere uccisi”. Premesso che le indagini in questo campo sono sicuramente impegnative, e che i traffici sono coperti con abilità dalle mafie internazionali, che possono contare, da qualche anno, anche su Internet, occorre comunque trattare il problema con la dovuta misura.
Il traffico di organi, infatti, essendo un mercato – per quanto vergognoso – si comporta secondo le leggi di qualsiasi mercato, seguendo, in particolare, le regole del liberismo: in altre parole, gli acquisti vengono effettuati là dove le materie prime hanno un prezzo basso, e in generale si agisce per far sì che le aree che costituiscono i serbatoi a basso costo di materie prime rimangano sempre povere. E’ chiaro, dunque, che far sparire un bambino africano è molto più semplice che far sparire un bambino italiano: meno controlli, meno informazioni da parte dei media, meno clamore da parte dell’opinione pubblica. Dal Brasile alla Thailandia, realtà sempre nuove sono coinvolte nel fenomeno: trovare un bambino che raccolga i pomodori o un bambino da uccidere è la stessa cosa.
Il vero problema, in sostanza, non sta tanto nella criminalità e nell’efferatezza di chi commissiona ed esegue questi rapimenti finalizzati a rubare gli organi (la bestialità umana, evidentemente, non conosce confini), ma nel silenzio che troppo spesso circonda questi avvenimenti. Premesso che svolgere inchieste giornalistiche su vicende simili è senza dubbio proibitivo, sia da un punto di vista logistico che da un punto di vista umano, resta il fatto che dovrebbero essere le istituzioni e gli organi politici a diffondere notizie, a mantenere alta l’attenzione, e rendere nota l’esistenza di questi fenomeni, sempre più diffusi e paradossalmente sempre più sconosciuti. Il traffico di organi è una nuova forma di schiavismo, solo più moderna, più nuova, più terribile e più efferata: deve essere sconfitta con velocità e rigore.