Erano attese le prime risposte dei Sindacati e di Confindustria dopo che il Governo Renzi aveva dato il via ai decreti attuativi del famigerato Jobs Act. Dopo la conferma sulla “stretta” della Cassa integrazione guadagni, e la decisione di ampliare il periodo del congedo ai genitori, non si aveva la certezza di quale posizione avrebbero assunto le varie parti coinvolte.
Se Confindustria sembra aver accettato di buon grado quanto proposto, le parti sociali non si sono dimostrati compatti, dando valutazioni diverse al lavoro svolto. Susanna Camusso, in qualità di segretario generale della Cgil, ha voluto rilasciare all’ANSA il suo parere in merito alle decisioni assunte. In particolare, la Camusso ha confermato come ritenga il Jobs Act un progetto che potrebbe portare ad una riduzione della qualità del lavoro anziché ad un suo aumento. Questo pur riconoscendo i passi avanti fatti, soprattutto per quanto riguarda la cassa integrazione e gli ammortizzatori sociali. Il presidente di Confindustria Squinzi ha invece giudicato positivi i decreti attuativi; lo ha indicato nel corso dell’assemblea tenutasi a Ravenna, all’interno della quale ha sottolineato come è necessario lasciare tempo al Governo prima di poter formulare una valutazione definitiva. Di parere totalmente opposto Barbagallo, il segretario generale della Uil, che ha lasciato qualche dichiarazione da Berlino, dove si trovava per un incontro tra i sindacati italiani e tedeschi. In particolare, le sue critiche hanno interessato il demansionamento, che potrebbe portare ad una “conflittualità legale“. Barbagallo teme che proprio il demansionamento possa avere un’incidenza negativa sulle possibilità di carriera di un lavoratore.
Esaminando più da vicino le decisioni del Governo, per quanto riguarda il congedo parentale viene lasciata la possibilità di beneficiare del congedo “facoltativo”, considerando ora un passaggio dai 3 ai 6 anni del bambino come periodo nel quale si può usufruire del 30% della retribuzione. Per le famiglie più povere il periodo potrebbe estendersi fino a quando il bambino non abbia compiuto gli 8 anni d’età, ma questa rimane solamente una proposta ancora da valutare. Quando il piccolo sarà più grande si potrà usufruire del congedo senza retribuzione fino ai 12 anni del bambino (prima erano 8).
Non è stata variata, invece, la durata, che rimane di 6 mesi. Le misure, comunque, valgono anche quando una coppia non ha figli naturali, ma si è comunque fatta carico di un’adozione o di un affidamento. I genitori potranno beneficiare di un’ulteriore misura, ossia la possibilità di trasformare il congedo parentale in lavoro part-time. Tali misure, per ora, sono state introdotte unicamente in misura sperimentale. Il Governo ha anche promesso di valutare altre possibilità, come quelle di porre servizi di baby sitting e asili pubblici vicino ai luoghi di lavoro. È stato ridotto il termine di preavviso (da 15 a 5 giorni) relativo all’esercizio del diritto al congedo parentale; questo se i contratti collettivi non hanno previsto un termine più ampio.
In tema di “CIG”, è stato fissato un tetto massimo di 24 mesi, ma sono ora comprese anche le piccole imprese o, almeno, quelle che hanno almeno 5 dipendenti. In pratica, sia la cassa integrazione ordinaria che quella straordinaria, vengono abbassate a 24 mesi (in un arco di tempo di 5 anni). Questo tetto può arrivare a 36 mesi se la CIG è abbinata alla solidarietà. Inoltre, nel caso in cui l’attività produttiva dell’azienda venga cessata in modo definitivo, non si potrà richiedere la cassa straordinaria; questo anche se la cessazione riguarda solamente un ramo dell’azienda. È ammessa la richiesta in caso di riorganizzazione aziendale.
È stata, inoltre, presa la decisione di istituire “in deroga” un fondo da ben 50 milioni di euro annui per il periodo compreso tra il 2016 e il 2018, per ulteriori interventi di CIG straordinaria, per un periodo che non risulti superiore ai 6 mesi. Questo qualora un’impresa termini la sua attività produttiva, ma vi siano delle possibilità concrete di una cessione della stessa azienda permettendo, pertanto, un riassorbimento occupazionale. Per quanto riguarda gli accordi stipulati in un periodo antecedente all’entrata in vigore del decreto non è modifica la durata prevista. Quelli sottoscritti entro il 31 Maggio, che hanno avuto per oggetto casi di interesse strategico di una certa importanza per l’economia a livello nazionale (tali da avere una ricaduta occupazionale importante), e che sono stati oggetto di trattamenti straordinari volti all'”integrazione salariale” oltre quelli che sono i limiti previsti, possono proseguire la durata attraverso le risorse messe a disposizione da un fondo aggiuntivo pari a 90 milioni (per l’anno 2017) e a 100 milioni (per l’anno successivo).