“La Diaz? Lo rifarei 1000 volte!”: il post del cellerino indigna la rete. Il padre di Giuliani chiede l’intervento di Mattarella
Era il “lontano” 2001 quando il G8 di Genova salì alle cronache come l’evento più drammatico, discusso e sanguinoso dell’ultimo ventennio della storia del nostro Paese.
Un incontro tra i potenti della terra diventò location di manifestazioni, pacifiche e non, ma anche di scontri con la polizia e azioni delle forze dell’ordine su cui, ancora oggi, non esistono molte certezze e ancor meno responsabili che abbiano pagato
Nei giorni scorsi, l’argomento è tornato alla ribalta dopo la sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che, a proposito dei poliziotti responsabili dell’irruzione alla scuola Diaz quella notte, ha parlato di “tortura“, rammaricandosi della mancata collaborazione della Polizia nell’identificazione dei responsabili rimasti “impuniti”.
Dopo la sentenza, però, le polemiche non sono mancate e non solo da parte di chi chiede giustizia o la verità, ma anche per via di un messaggio che l’agente del reparto mobile di Roma Fabio Tortosa, all’epoca coinvolto nei fatti, ha affidato ai social e, in particolare, al suo profilo Facebook rivendicando sul suo profilo:
“Io sono uno degli 80 del VII nucleo. Io ero quella notte alla Diaz. Io ci rientrerei mille e mille volte”.
Al messaggio sono seguiti una serie di commenti ai quali Tortosa ha disposto parlando di servitori dello Stato incompresi, ma pronti a rischiare la vita in ogni momento. Lo stesso Tortosa, poi, si è lasciato andare a frasi, al di là di come la si pensi, irrispettose nei confronti di Carlo Giuliani, il giovane freddato nel capoluogo ligure da un agente assediato dai manifestanti.
All’epoca, Tortosa, finì tra gli indagati come tutti, ma poi il caso fu archiviato per via dell’anonimato che aveva caratterizzato i Poliziotti presenti quella sera nella scuola. Nel suo post il poliziotto ha avuto parole sprezzanti anche per chi riuscì ad ottenere le condanne, ovvero il Pubblico Ministero Enrico Zucca, di cui ha scritto la:
“Verità processuale delineata da tale Zucca e dai suoi sgherri”.
Come inevitabile un post che non poteva rimanere inosservato il suo e il cui contenuto ha determinato una fiumana di repliche. Dal canto suo, ad esempio, il pm ha ribadito seccamente come:
“La polizia si è difesa come ha potuto, ma non per servire la democrazia. [..]Nella scuola della polizia si deve imparare la costituzione per prima, poi a mettere le manette al mafioso. Non viceversa”.
Repliche sono giunte anche dal padre di Giuliani che, in seguito all’offesa al figlio, ha invitato il Presidente Mattarella a scusarsi; al senatore Pd, nonchè presidente della Commissione per i diritti umani, Luigi Manconi, il quale ha esortato, senza per questo farne un comodo capro espiatorio, a prendere i provvedimenti contro l’agente autore dell’evitabile post e soprattutto ad avviare una profonda riforma delle forze d’ordine,
Se fosse autentica la dichiarazione del poliziotto sarebbe urgente una riforma delle forze di polizia http://t.co/DnxJirE3mJ#diaz#tortura
— Luigi Manconi (@LuigiManconi1) 14 Aprile 2015
sino a Gard Lerner che, probabilmente rifacendosi anche allo stile utilizzato da Tortosa nel post, quando parla di ” giovane vigoria ed entusiasmo cameratesco”, ha messo in guardia su quelle che, a suo parere si rivelano incrostazioni fasciste all’interno dei nostri apparati di sicurezza,
Il poliziotto che rifarebbe mille volte il pestaggio alla Diaz di Genova è il sintomo di una tenace infiltrazione fascista nelle istituzioni
— Gad Lerner (@gadlernertweet) 14 Aprile 2015
Comunque sia un altra grana per l’attuale esecutivo, con il premier Renzi che, nei giorni scorsi, in visita a Genova, ha confermato che il suo Governo ha intenzione di fare chiarezza sull’accaduto concludendo, però, che continua a dare fiducia all’ex capo della polizia del G8 Gianni De Gennaro, attualmente presidente di Finmeccanica.
Tante parole e opinioni che, probabilmente, però, da qualunque angolazione le si osservi, non riescono ad allontanare quella amara impressione di uno Stato in cui, alla fine, la verità non riesce mai ad emergere e nel quale pagano sempre, siano essi poliziotti o manifestanti, i “poveri diavoli”