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Le aziende della Silicon Valley si oppongono al decreto di Trump

Il “Travel Ban”, uno dei primi atti di Donald Trump dopo la sua assunzione di poteri, continua a creare polemiche all’interno degli Stati Uniti. Sedici dei 51 stati che compongono gli USA si sono espressi per il “No” al bando, ed anche una serie di aziende della Silicon Valley contestano le decisioni del presidente dichiarando apertamente che si sentono danneggiate.

A prendere posizione contro il “Travel Ban” sono soprattutto i colossi del settore “tech”, tra i quali nomi conosciutissimi in tutto il mondo come Google, Apple, Microsoft, Snap, Zynga, Netflix, Uber e Facebook. In tutto sono 97 le società che si sono schierate ed hanno deciso di dare battaglia alla Casa Bianca, consegnando alla Corte d’Appello una “amicus curiae”, cioè un documento che fornisce delle informazioni utili per la decisione, da parte di una entità non direttamente in causa.

Oltre a questo, il fronte degli oppositori al Presidente USA si allarga a sedici stati, tra i quali la California e lo stato di New York. Stati che si sono schierati ufficialmente con un documento che è stato fatto pervenire alla Corte d’Appello, appoggiando la causa che era stata intestata dal Minnesota e dallo Stato di Washington. Dall’altra parte il governo americano continua a pressare i giudici, chiedendo un immediato ripristino del bando dichiarando che da questo dipende la sicurezza nazionale degli USA.

Nel corso dell’udienza i giudici ascolteranno sia gli avvocati dei due stati che quelli del Dipartimento della Giustizia. Secondo il governo il decreto emanato da Donald Trump rientra nei poteri esercitati dal presidente, sia per quanto riguarda i rifugiati che per l’ingresso sul territorio statunitense di stranieri. Nella “memoria” che hanno presentato le aziende della Silicon Valley, è stato espressamente dichiarato che “Senza immigrati Stati Uniti non sarebbero potenza mondiale“, esplicitando come molti immigrati, oltre ad aver effettuato grandi scoperte, hanno anche dato vita ad aziende tra le più innovative e “iconiche”. Nel documento si sottolinea anche come l’atto firmato da Trump “infligge un danno sostanziale alle aziende statunitensi” in quanto ostacola la capacità, da parte delle aziende americane di “attrarre” i grandi talenti, e nello stesso tempo aumenta i costi, e rende più difficile la competizione sui mercati mondiali per le aziende americane.