Dal senzatetto in cerca di un accogliente riparo per la notte al viaggiatore ritardatario che aspetta il treno dell’indomani, dal capostazione intento a rincasare fino ad arrivare agli addetti delle pulizie. Una stazione ferroviaria, anche di notte, è un continuo viavai di gente. Ogni individuo ha una sia storia, ogni individuo ha una sua vita, ogni individuo ha un qualcosa da raccontare.
Uno di questi è Marco Mengoni, che eccezionalmente ha deciso di proporre il suo ultimo disco in maniera se non altro singolare. Atlantico, ultima creazione di una delle voci italiane più apprezzate e celeberrime del momento, è stato infatti presentato presso la Stazione Centrale di Milano, tra il binario 10 ed il binario 11.
Quello che è normalmente un punto di attesa si è trasformato almeno per una notte in una arena, con qualche poliziotto assonnato ed una manciata di musicisti che, a partire dalle ore 2:15, hanno fatto da contorno a circa 300 ammiratori reclutati mediante la piattaforma Spotify. Un avvenimento speciale, questo, che altro non fa che da preludio a tre giornate che si preannunciano ricche di appuntamenti e che toccheranno alcune delle tappe più suggestive ed affascinanti della città meneghina (Torre Velasca e Piazza Duse ne sono soltanto alcuni esempi). Tra i momenti più significativi vi saranno un ascolto tramite cuffia dei brani del disco, una mostra di fotografie allestita per sensibilizzare l’opinione pubblica riguardo l’importate tematica dell’inquinamento dei mari, concerti di giovani complessi, donazioni di libri usati in cerca di nuova linfa vitale e tanto altro ancora.
Se è vero che la musica rappresenta un sensazionale mezzo di circolazione delle idee, è altrettanto vero che Mengoni, con questa trovata, ha voluto portare quest’ultima in quella che fino a qualche decennio fa era la sua originale ed originaria dimensione. Il tutto certifica evidentemente la definitiva maturazione di un artista che, quasi come un segno del destino, compirà il trentesimo compleanno proprio il prossimo Natale.
Ma, forse, il regalo più bello è stato proprio il gruppo di fan che, in una battaglia quasi poetica contro il freddo pungente, l’hanno visto spuntare dalle retrovie con indosso un cappottone di colore nero, impugnare grintosamente il microfono ed intonare quello che è probabilmente il brano più bello e significativo dell’intero album: Muhammad Alì. Mengoni si è servito ed appropriato di una metafora, che vede appunto come protagonista principe il più grande campione di pugilato di tutti i tempi, per creare un qualcosa di geniale. Una canzone che intende, con l’ausilio di particolari echi sudamericani, insegnare come dopo ogni pugno ci si debba sempre rialzare, un credo che vede nella resilienza il dogma dal quale non di deve mai prescindere.
Nel giustificare la scelta della location, il cantante nato a Ronciglione spiega di “aver viaggiato molto in questi ultimi anni di lavorazione del disco”, aggiungendo che quando passava in stazione vedeva “le facce della gente che parte e le sue aspettative”.
L’ennesima sorpresa ha poi contribuito a rendere ancor più movimentato e curioso il concerto. Durante lo svolgimento di un altro dei brani di Atlantico, La Ragione del Mondo, sul palcoscenico sale un quartetto di archi, con Mengoni che invece si siede su un pianoforte, strumento musicale del tutto inedito per lui. Sorrisi per tutti, che unisce alla sua voce di sempre, la quale coniuga a sua volta ed armoniosamente dolcezza e potenza, in un mix che ha scaldato i cuori di tutti.
A chiudere l’evento è stato Voglio, caratterizzato da un ritmo spedito e da parole che sbeffeggiano chi ragiona esclusivamente per modi di dire o per luoghi comuni. In poco meno di 25 minuti, nonostante una folla non ancora sazia, il concerto si chiude, convertendo nuovamente codesto palco improvvisato nella Stazione Centrale di Milano che tutti conoscono. Affollata, caotica, cromaticamente routinaria.