In un Paese dove la tendenza è tagliare soldi alla ricerca, si potrebbe pensare che gli studi e le scoperte non vengano fatti. Succede invece che in alcuni centri, come l’International Centre for Genetic Engineering and Biotechnology (Icgeb) di Trieste in collaborazione con l’università di Modena e il Généthon di Parigi, venga svelato dove si nasconde il virus dell’HIV.
È noto che il virus in questione infetti le cellule e le integri con il proprio genoma, un’integrazione che ha luogo a livello dei pori nucleari.
Mauro Giacca, direttore dell’Icgeb, spiega su “Nature” che qui è presente “una serie di geni cellulari che sono preferenzialmente bersagliati dal virus”. Inoltre, è stato rilevato che il virus preferirebbe le aree lontane dal nucleo, benché per potersi integrare necessita della presenza dell’integrasi, un enzima virale attivo, nonché del Nup153 e del LEDGF/p75, dei cofattori cellulari. Questi elementi sono fondamentali per il virus, infatti, in loro assenza non riesce a infettare le cellule.
Il professor Giacca ritiene che sarebbe come entrare in un cinema buio, dove i posti migliori sarebbero quelli più lontani a dove siamo, ma quelli più comodi sarebbero vicini alla porta d’entrata e qui, per il virus, sarebbe più facile nascondersi ai farmaci.
Era questa una delle domande senza risposta che la scienza si poneva sin dalla scoperta del virus, o meglio da quando negli anni Ottanta l’HIV cominciò la sua devastante espansione: quali sono le ragioni che si celano dietro la scelta delle cellule da infettare?
La ricerca ha evidenziato infine che il materiale genetico del virus entra in contatto con diverse nucleoporine (proteine presenti nei pori nucleari), attraverso cui regolarizzerebbe la trascrizione del proprio genoma. Ora la palla passa alla farmaceutica, che dovrà far fruttare queste nuove conoscenze e produrre dei farmaci che siano in grado di impedire al virus di nascondersi e provocare i danni di cui la ricerca scientifica ha messo il mondo al corrente.
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