Ricercatori americani dell’Ohio State University hanno pubblicato sul Journal of Nutritional Biochemistry, uno studio che dimostra come topi da laboratorio alimentati una sola volta durante la giornata con un apporto calorico dimezzato rispetto al loro fabbisogno e pertanto costretti a digiuno per parecchie ore consecutive, abbiano accumulato grasso addominale a differenza degli animali di controllo, liberi di sgranocchiare a qualunque ora del giorno. Introducendo anche poche calorie in un unico pasto, si produce un effetto metabolico inverso che porta all’aumento di peso e del grasso addominale.
La questione riguarda quindi non tanto l’apporto calorico, ma la localizzazione dei depositi grassi che, in seguito alle disfunzioni metaboliche causate dal digiuno prolungato, si accumulano a livello addominale generando così la “classica” pancetta.
Pare quindi che saltare i pasti provochi importanti variazioni nella secrezione di insulina e glucosio da parte dell’organismo: la conseguenza è l’aumento di adipe nel girovita.
Diete radicali o sbilanciate, digiuni prolungati, oltre a non portare benefici estetici e a veder fallire l’obiettivo iniziale della dieta, sottopongono i soggetti ad un aumentato rischio di sviluppare altre patologie tra cui il diabete di tipo 2 o l’infarto miocardico, che hanno tra i loro fattori di rischio, proprio l’eccessiva adiposità addominale.