Si chiamava Akash Bashir, il 19enne che ha sacrificato la vita in Pakistan, evitando un massacro
Quella che è stata definita giustamente come la “guardia eroe” perchè con il proprio sacrificio ha fatto si che il kamikaze appartenente a una organizzazione terroristica islamica non riuscisse a penetrare all’interno di una chiesa cattolica pakistana piena di fedeli ha ora un nome. La sua identità è stata svelata dai Salesiani, i quali hanno reso noto che si trattava di un ragazzo di 19 anni, di nome Akash Bashir, in passato allievo dell’istituto scolastico dei Salesiani situato nel quartiere di Yuhannabad, in cui la maggioranza dei residenti è di fede cristiana.
Secondo la ricostruzione fornita dall'”Ans“, acronimo che sta ad indicare l’Agenzia di informazioni salesiana, il ragazzo si sarebbe gettato sull’attentatore suicida, usando il proprio corpo come scudo per difendere la chiesa e i fedeli che vi erano all’interno: il suo sacrificio ha evitato quella che sarebbe stata una vera carneficina.
Le sue generalità sono state confermate nella giornata di ieri, mentre la dinamica di ciò che è avvenuto diveniva sempre più nitida. Il ragazzo svolgeva un ruolo di guardia all’edificio come volontario e si trovava all’ingresso del luogo di culto insieme ad un collega. Quando l’attentatore suicida si è presentato all’ingresso e ha cercato di entrare in chiesa forzando le misure di sicurezza i due giovani lo hanno fermato e quando Bashir ha capito che quello che aveva davanti era un kamikaze non ha esitato a gettarglisi addosso e impedirgli così di superare il cordone di sicurezza. L’esplosione non gli ha lasciato scampo ma il suo sacrificio ha fatto si, come riferito da più parti, che il bilancio dell’attentato non fosse ancora più tragico.
Intanto va segnalato come il clima di tensione nella città pakistana teatro dell’attentato non accenna a diminuire. Nella giornata di oggi si sono svolte le esequie dei nove deceduti a causa degli attentati portati a termine contro due luoghi di culto cristiani della città e alla funzione hanno preso parte centinaia di persone, tra cui diversi esponenti del mondo politico e delle forze dell’ordine.
Le misure di sicurezza sono state imponenti, al fine di evitare nuovi attentati e proteste contro la persecuzione in atto nei confronti di chi in Pakistan professa la fede cristiana. Nei giorni immediatamente successivi agli attentati erano state centinaia le persone scese in piazza a Lahore e in altre città del Paese per protestare contro le autorità, che non si impegnerebbero abbastanza per garantire la sicurezza delle minoranze religiose. Nel corso delle manifestazioni che si sono verificate dopo gli attentati in cui hanno perso la vita 16 persone e altre 82 sono rimaste ferite vi sono stati anche scontri con la Polizia e due sospetti arrestati dalle forze dell’ordine sono stati letteralmente linciati da una folla inferocita.
La tensione è altissima e i Salesiani hanno confermato come vi sia il rischio di uno scontro tra frange di Musulmani fomentati da alcuni imam e gruppo di Cristiani ormai stanco di una mattanza senza nome nè senso.