L’invio di armi alla Siria da parte della Russia viene motivato dalla necessità di aiutare Assad nella guerra contro l’Isis.
L’arrivo degli armamenti avviene attraverso un ponte aereo che parte da Teheran, capitale dell’Iran, alleato della Siria e prossimamente potrebbe essere usato anche un altro corridoio aereo con partenza dall’Iraq.
Prima di decidere di passare attraverso l’Iran, la Russia aveva fatto dei tentativi anche con la Grecia, ma la nazione ellenica aveva rifiutato il permesso di sorvolo del suo territorio e lo stesso aveva fatto la Bulgaria. Due rifiuti che hanno fatto parlare di una ingerenza della Nato negli affari della Russia. In effetti la Bulgaria aveva concesso il suo assenso al sorvolo, subordinandolo però al controllo dei voli che vengono etichettati dalla Russia come “aiuti umanitari“, ma il Cremlino non ha accettato questa formalità. La richiesta della Bulgaria era dovuta al fatto che la stessa definizione era stata data ai convogli con i quali la Russia potrebbe aver inviato delle armi ai ribelli che agiscono nella zona del Donbass. Sorvolare la Turchia è una opzione non praticabile in quanto anch’essa è membro della Nato, ed il suo governo è nettamente contrario alla dittatura di Assad. Ecco quindi la necessità di scegliere rotte “alternative” come sono quelle dall’Iran e dall’Iraq.
Un’irritazione russa espressa dallo stesso Ministro Lazarov che aveva sottolineato come il suo Paese fornisca aiuti bellici anche al altri Paesi, come l’Iraq ad esempio, sottolineando la precisa intenzione russa di aiutare anche altri Paesi, al fine di scongiurare:
“un altro scenario libico”
Mentre prosegue l’arrivo delle armi, in Siria continuano i combattimenti con le milizie dello Stato Islamico, che stanno avanzando nei territori nord occidentali del Paese, e specificatamente nella provincia di Idlib, dove si sono impossessati di vaste aree appartenenti della base di Abu al Dohur.
Queste azioni da parte della Russia, ed il rifiuto di sottoporsi ai controlli portano pertanto gli stati occidentali, con in testa gli Stati Uniti, a rafforzare i loro sospetti circa l’intenzione della Russia di mettere piede in modo definitivo in Siria. L’invio di armi e di personale per addestrare i Siriani al loro uso è stato nel frattempo confermato dal ministero degli Esteri russo, per il quale ha parlato la portavoce Maria Zakharova, che ha accusato i paesi occidentali di creare false voci ed una “strana isteria” sulle attività che il suo Paese sta svolgendo in Siria.
Da parte della Casa Bianca crescono quindi le preoccupazioni, esternate anche da Jens Stoltenberg, segretario generale dell’Alleanza Atlantica e dalla Germania tramite il suo Ministro degli esteri. Le parole del Ministro tedesco, secondo il quale necessita a brevissimo tempo una soluzione politica per questa crisi, suonano come monito anche per altri Paesi che fanno parte sia della UE che della Nato, come la Gran Bretagna e la Francia. Uno sbarco russo in Siria, confermato dagli stessi esperti americani, che vede l’approdo a Tartus, dove i Russi dispongono di una base, di due navi che trasportano carri armati e veicoli blindati
Pur ammettendo l’invio di armi in Siria, la Zakharova ha voluto puntualizzare che la Russia non ha mai nascosto la sua alleanza e cooperazione con il regime di Damasco, confermando che sia la fornitura di armi, che l’invio di addestratori sono fatti allo scopo di combattere il terrorismo dell’Isis che, sua in Siria che in Iraq, ha raggiunto dimensioni preoccupanti. La portavoce russa ha aggiunto anche una frase sibillina, dicendo che se saranno necessarie ulteriori misure per la lotta al terrorismo saranno valutate tenendo conto sia del diritto internazionale che di quello della Russia. Un aiuto concreto , quello russo, anche se, come ha precisato Dmitri Peskov, portavoce del Cremlino, i soldati russi non parteciperanno al conflitto.
Putin nei giorni scorsi aveva fatto riferimento ad una coalizione internazionale per risolvere la crisi, nella quale vorrebbe includere anche la presenza di Assad, che però sia i paesi europei che gli Stati Uniti continuano a ritenere uno dei fattori scatenanti della crisi.